Nel maggio del 2001 a Reggio
Calabria, nel popoloso rione Pellaro, ci fu una grossa vincita al
“superenalotto”: un ignoto fortunato centrò un sei da ben 40 miliardi di lire.
Com’è facile immaginare, una vincita di così grande portata scatenò la
curiosità dei reggini, una curiosità che durò per alcune settimane e che non fu
mai soddisfatta; in città e soprattutto nel mio ambiente di lavoro (sono
ferroviere, categoria chiacchierona ed impicciona per eccellenza) si
scatenarono le teorie più “complesse e complicate”: c’era chi affermava di
essere sicuro dell’identità del vincitore “perché aveva notato che quella sera
erano rimaste accese fino a tardi le luci delle finestre di casa sua”, oppure
perché “la moglie era andata dall’estetista e di solito non ci andava”… e così
via in un crescendo di argomentazioni e deduzioni degne di una riunione di
comari dedite a discutere dei fatti delle loro amiche assenti. Io, per mia
natura immensamente curioso ma altrettanto immensamente portato a tenere per me
quello che vengo a sapere dei fatti degli altri, stavo come sempre in casi
analoghi con le orecchie tese a captare quello che si diceva in giro
sull’argomento per elaborare i dati e eventualmente trarne la mia conclusione;
in questo caso, come dicevo, c’era poco da elaborare vista la consistenza dei
dati in circolazione. Ciò nonostante la notte dormivo tranquillamente, pur non
conoscendo l’identità del vincitore; mi bastava sapere che non ero io! A quei
tempi i macchinisti dei treni lavoravano in coppia, di solito fissa; io ero
assegnato con Umberto, grande amico mio, che in questo specifico caso aveva la
sfortuna di abitare a Pellaro ma di non avere vinto i 40 miliardi, e di essere
quindi costretto a venire a lavorare e subire i miei continui sfottò: quando
eravamo soli continuavo a chiedergli di confessarmi che era lui il vincitore
promettendogli che non avrei detto niente a nessuno. Ovviamente lui negava e
m’invitava a non dirlo in giro perché qualcuno ci avrebbe creduto, argomentando
che se avesse veramente vinto non sarebbe venuto a lavorare, ma io imperterrito
continuavo a incalzarlo e andavamo avanti ore scherzando, recitando delle vere
e proprie scene da teatro comico senza spettatori; uno spasso per entrambi. Il
sabato successivo alla vincita miliardaria mi trovai con Umberto nella stazione
ferroviaria di Lamezia Terme Centrale. Il rituale del caffé da gustare appena
scesi dal locomotore ci portò al bar della stazione, dove trovammo
l’immancabile gruppo di colleghi provenienti da mezza Calabria che ci accolse
come da tradizione con cordialità, insistette per offrirci il caffé, e ci
coinvolse nella discussione già avviata. L’argomento? Naturalmente il sei al
superenalotto! Ascoltai per l’ennesima volta le teorie più contorte, ma una in
modo particolare mi disgustò notevolmente: c’era chi attribuiva la vincita ad
un collega in pensione che di solito prendeva il treno per Reggio Calabria
sempre allo stesso orario e che dal giorno dell’estrazione fortunata non si
vedeva più in giro; io sapevo che il
collega in questione aveva perso la moglie proprio quel giorno e per questo era
caduto in una profonda depressione, altro che vincita! L’indignazione stimolò
immediatamente la mia fantasia come mi succede spesso con le emozioni forti (e
quella lo era); di colpo esposi in tempo reale la versione dei fatti che stava
nascendo nella mia testa di ferroviere inc…avolato! “Voi non avete alcuna idea della reale situazione: il vincitore non è
italiano, è un extracomunitario che non ha neanche il permesso di soggiorno ed
ha seri problemi a riscuotere la vincita. Addirittura sembra che si sia rivolto
a personaggi poco raccomandabili per avviare le procedure e che adesso sia già
nei guai con quella gente; secondo me gli andrà bene se gli prenderanno solo i
soldi e lo lasceranno in vita!” Il silenzio assoluto rimbombò all’interno
del bar. Con la mia immensa “bufala” avevo colpito e affondato la nave di
stupidaggini da marciapiede che navigava da una settimana in città, soprattutto
nel mio ambiente di lavoro. La mia teoria fu immediatamente adottata nella
discussione in corso, e i successivi interventi furono volti a definirne i
particolari: la nazionalità dell’extracomunitario, l’identità dei tipi poco
raccomandabili, l’eventuale percentuale chiesta per agevolare la riscossione,
etc etc.. Ripartimmo per Reggio poco dopo, io soddisfatto dell’effetto che
aveva avuto la mia performance e Umberto che continuava a rimproverarmi scherzosamente dicendo che la
dovevo finire di prendere in giro la gente. Ma la gente, in special modo a Reggio
Calabria, spesso vuole essere presa in giro, o almeno questo dimostra. La
mattina dopo, domenica, uscii di casa per acquistare il giornale. Nei pressi
dell’edicola incontrai mio cognato. Ci soffermammo a parlare del più e del meno
e, sopraggiunti altri amici comuni, decidemmo di andare a prendere un caffè al
bar. Inutile dire che la discussione volse inesorabilmente sull’argomento del
momento, ed io sorrisi tra me e me ripensando all’exploit del giorno prima a
Lamezia Terme; stavo per prendere la parola e calare l’asso decisivo, quando
mio cognato esordì nel dibattito con il sorriso smaliziato dicendo: “se ne raccontano di balle in giro; mi ha
detto poco fa mio padre che corre voce che il vincitore non sia italiano, ma un
extracomunitario che non ha neanche il permesso di soggiorno e che………”-
Lamezia Terme dista 120 chilometri da Reggio Calabria, erano passate meno di 24
ore dal mio racconto. Il padre di mio cognato è un ferroviere in pensione.
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