Foto di Domenico Suraci |
Improbabili parcheggi, piste ciclabili, waterfront , stravolgimenti di piazze e strade cittadine, tutte iniziative giustificate da un abusato concetto sbandierato ogni volta, anzi maneggiato come una clava: “rendere fruibile l’oggetto del momento alla cittadinanza”.
Le due Torri Aragonesi superstiti di un Castello ben più antico di loro che, seppur gravemente danneggiato dal terremoto del 1908 sarebbe stato in buona parte recuperabile, testimoniano emblematicamente lo scempio che i reggini hanno compiuto della loro storia a favore di una “modernità” che di fatto poi non viene professata nei comportamenti giornalieri.
E vengo al dunque: gli scavi archeologici di Piazza Garibaldi aprono scenari importantissimi per Reggio Calabria, sia dal punto di vista culturale che da quello turistico e quindi economico.
La Storia della nostra città, più volte ricacciata indietro da decisioni ottuse o interventi inadeguati stavolta irrompe violentemente, quasi a gamba tesa come a volere spezzare d’iniziativa l’ottusità e l’apatia che fino ad oggi sembra aver caratterizzato il rapporto di Reggio con il suo passato.
Ormai è chiaro che il sito è destinato ad un futuro ben diverso da quello che solo qualche mese fa l’affannosa e pressappochista “corsa alla modernizzazione” reggina aveva progettato.
Gli scavi resteranno aperti, anzi saranno ampliati. E guai se non fosse così.
Ma a fianco degli scavi, fin dal primo giorno i cumuli di terra rimossa crescono sempre di più, al punto tale da essere ormai diventati un pericolo non trascurabile.
L’esperienza di quello che succede in città in caso di forti temporali, eventi ormai purtroppo non sporadici, avrebbe dovuto portare chi di dovere a disporne l’immediata rimozione.
Anche d’estate, negli ultimi anni, abbiamo assistito (e subìto) a veri e propri eventi alluvionali che hanno portato masse enormi di acqua a riversarsi come fiumi in piena verso la parte bassa della città. Dovrebbe essere facile immaginare cosa succederebbe in questo caso a Piazza Garibaldi nelle condizioni in cui è adesso: fiumi di fango inonderebbero l’intero sito arrivando probabilmente ad invadere anche la stazione ferroviaria, visto che il piano della piazza è in discesa.
Dovrebbe essere facile immaginare i rischi per i cittadini, i danni alle cose, i costi economici derivanti da un evento del genere che supererebbero di gran lunga quelli necessari per la rimozione preventiva del materiale asportato dagli scavi.
Dico “dovrebbe essere”, perché onestamente dopo avere atteso tanto non mi aspettavo di giungere al punto di dover scrivere questo mio modesto contributo alla “corsa alla modernizzazione” in atto in città.
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