Foto da Reggioacanestro.com |
Siamo ridicoli, ammettetelo anche voi suvvia! Affrontiamo le attuali vicende che stanno travolgendo la Reggina Calcio con stupore, delusione, rabbia e chissà quante altre emozioni negative prendendocela con i giornalisti che avrebbero appoggiato i vari faccendieri truffatori che di volta in volta si sono presentati per depredarci, con i politici locali secondo noi conniventi o nella migliore delle ipotesi assenti, con gli imprenditori reggini che non si sono fatti avanti con “cordate” (termine molto usato a chiacchiere) per rilevare la Reggina. Tutti sarebbero colpevoli, secondo noi.
Tutti, esclusi noi. Noi saremmo vittime.
Ed è vero, siamo vittime, ma di noi stessi che, puntualmente, appena sentiamo dire quello che ci piacerebbe sentire esplodiamo in un entusiasmo ottuso e apatico al limite della demenza. E se qualcuno cerca di uscire fuori dal coro lo additiamo come detrattore, nemico di Reggio, fautore di interessi opposti a quelli della città. Ma anche il diavolo andrebbe ascoltato, se dice qualcosa di sensato, se argomenta sui fatti e non sulle chiacchiere.
Siamo un popolo ( ma io direi meglio un agglomerato di individui) che aspetta un padrone. Ne sentiamo il bisogno perché siamo pigri, meglio che ci sia qualcuno a decidere per noi, a dettarci i tempi e i modi. Siamo troppo impegnati a spettegolare, criticare, infangare, diffamare, calunniare. E’ facile, comodo e ci da una visibilità che altrimenti non sapremmo come procurarci. Facendo così siamo degli ologrammi visibilissimi, dopo tutto. Siamo i padroni del virtuale, autorevoli e accreditati, ma se partecipassimo alle decisioni non potremmo più esserlo.
Eppure ormai di esperienza dovremmo averne.
E così, Reggio è il luogo che in questo mondo di diffuso malaffare è visto come l’ideale approdo, a volte anche l’ultimo, per chi ha voglia o addirittura bisogno di soddisfare le sue fameliche voglie. In tutti campi, non solo nello sport. Politica, imprenditoria, servizi segreti, massoneria, criminalità organizzata. Perché sa di trovare campo libero, addirittura la collaborazione della vittima. Una variante evoluta (in peggio) della Sindrome di Stoccolma; noi amiamo il nostro aguzzino prima ancora che lo diventi.
Restiamo così, ottusi e apatici, ad aspettare che arrivi il prossimo salvatore, magari in rappresentanza di una “cordata” di eroi. E prepariamoci ad acclamarlo, coccolarlo, incensarlo.
La verità è che la cordata, anzi una bella serie di cordate, ce la meriteremmo sui denti.
Nessun commento:
Posta un commento