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"passo la vita fuggendo dalla mia ignoranza"
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lunedì 30 ottobre 2023

I ragazzi di Reggio e Conchita De Gregorio - Quando il pregiudizio stesso è uno stereotipo

 


Una famosa giornalista, non calabrese, viene a Reggio, affronta un’esperienza particolare e al suo rientro scrive un articolo in cui esterna le sue impressioni. Ne parla bene, anzi benissimo, descrivendo con dovizia di particolari l’evento, perfino citandone i i protagonisti. Conchita De Gregorio, che non ha bisogno di presentazioni, ha visto la bellezza e l’ha descritta, meravigliata. Qual è il problema? Il fatto è che a molti è parso di vedere una "meraviglia interna" (cito uno dei commenti) collegata a un pregiudizio che ormai è diventato esso stesso uno stereotipo: si parla così male della Calabria tanto spesso che se qualcuno che viene da fuori la racconta positivamente deve per forza sottintendere che si tratti di qualcosa di inaspettato riferendosi al luogo e non al fatto stesso (molti calabresi invece parlano male della Calabria nel senso che non ne parlano o non la rappresentano nella maniera opportuna). Come se Conchita De Gregorio avesse descritto i Bronzi di Riace nella loro bellezza ma collocati all’interno di una discarica di rifiuti. "I Bronzi sono bellissimi, ed è strano che siano all’interno di una discarica”. Ma i Bronzi susciterebbero meraviglia ovunque, in qualsiasi contesto. Eppure, ho letto e riletto l’articolo una decina di volte e, in me, questo concetto (la meraviglia riferita al luogo e non solo all’evento) ha fatto capolino (non lo nego) solo la prima volta. Forse dovrebbero rileggerlo più volte anche i miei conterranei che si sono lamentati mettendo da parte, loro, orgoglio e pregiudizio (mi perdoni Jane Austin), altrimenti a lungo andare potrebbe prevalere il concetto che parlare della Calabria (bene o male che sia) non valga la pena e che i calabresi non gradiscano intrusi.

giovedì 21 settembre 2023

Noncarlo

foto dal web

Mi presento: mi chiamo Carlo Basile, o meglio così ho creduto di chiamarmi fino all’età di sei anni. Sono figlio di Rocco, boscaiolo, e Concetta Romeo. Nacqui a Ruvulo, frazione di Massarìa, un paesino sul versante tirrenico della Calabria alle pendici dell’Aspromonte, all’alba del 5 novembre 1894; mia madre mi partorì nella camera da letto dei miei genitori con l’assistenza di nonna Adelina, sua genitrice, e della levatrice del paese. Mio padre uscì sul balcone di casa e sparò in aria alcuni colpi di fucile per festeggiare l’evento. Da altri balconi e dalle case sparse intorno al paese altri colpi risposero in segno di partecipazione e si dice che anche due Regi Carabinieri di passaggio in paese abbiano esploso alcuni colpi di moschetto. Il primo figlio, maschio e in salute. La massima soddisfazione che un padre possa pretendere. Nacqui quindi bene accetto e onorato dalla mia famiglia e dai miei compaesani. La mia famiglia era conosciuta e molto benvoluta. Qualche ora dopo la mia nascita mio nonno Carlo, padre di mio padre, venne a vedermi ed a reclamare il diritto al nome che per tradizione il primogenito acquisiva dal nonno paterno. Da ciò che so, sembra che mio padre non abbia tenuto buoni rapporti con il suo genitore per gran parte della sua vita, forse a ragion veduta o forse per carattere; fatto sta che il giorno stesso tra i due si scatenò un alterco di tale violenza che la nonna Adele intimò loro di andare fuori di casa a… rivendicare le rispettive ragioni (“a rompersi le corna” disse in realtà). Che non fosse certo il momento adatto per riesumare antichi rancori non c’era dubbio. Che nonno Carlo non fosse tipo da particolari delicatezze era altrettanto sicuro. Sospetto che mio nonno abbia minacciato mio padre e mio padre abbia reagito usando me come oggetto del ricatto. Certo è che il litigio tra i due galantuomini non finì con una pace. Il nonno se ne andò inveendo e, a quanto mi raccontò mia madre, non venne più a vedermi per diverso tempo. Mio padre giurò che non mi avrebbe mai dato il suo nome. Nei giorni successivi mio padre fu molto impegnato tra il lavoro e i doveri di ospitalità verso chi veniva in visita per vedermi e congratularsi. I paesani, al corrente del grave dissidio intercorso, si guardarono bene dal chiedere il nome del nascituro, e per un po’ di tempo io fui “u figghiolu” per tutti. Più di una settimana dopo, qualcuno gli fece notare che sarebbe dovuto andare al paese a registrare la mia nascita all’ufficio dell’anagrafe. Si palesò dirompente il problema del mio nome. Mia madre e mia nonna Adelina cercarono di mettere pace, una intercedendo con mio padre e l’altra con mio nonno, ma né l’uno né l’altro vollero piegarsi o scendere a compromessi. Mio padre decise che mi sarei chiamato come il nonno materno suo suocero, Filippo. Doppio sgarbo a mio nonno Carlo che, naturalmente, con il caratteraccio che aveva non cuciva neanche con il consuocero, che comunque era morto da qualche anno. Partì quindi, Rocco Basile, per Massarìa dove aveva sede l’anagrafe comunale, insieme a due testimoni: compare Ciccio Malara ‘u furnaru, e Matteo Nucara ‘u pecuraru. Nessuno dei tre sapeva scrivere, né leggere. Era il 16 novembre 1894, nel primo pomeriggio. Quando si presentarono davanti all’impiegato comunale, Rocco aveva le idee chiare. Un po’ meno l’impiegato, seccato per essere stato svegliato e ancora stordito, oltre che dal sonno, dai fumi del vino che in mattinata gli aveva donato un paesano in segno di gratitudine per un favore ricevuto. Dopo aver stilato il cappelletto di premessa dell’atto, con le generalità dei genitori e quelle dei testimoni, guardò in faccia mio padre e gli fece la fatidica domanda: 
 -quale nome mettete al bambino? 
Rocco non seppe resistere alla tentazione di rimarcare la sua risolutezza, si voltò verso i suoi due amici e tagliando l’aria con la mano aperta esclamò: 
 -non Carlo! 
L’impiegato intinse il pennino nel calamaio e scrisse qualcosa sull’atto. Mio padre si voltò verso di lui per dichiarare il mio nome: Filippo. Un suono sordo, dapprima lontano poi sempre più forte e vicino, precedette la sua voce, poi la terra iniziò a tremare. L’impiegato comunale fu sbalzato dalla sedia, si rialzò e senza indugio corse fuori dalla stanza, seguito da mio padre e dai due testimoni. Sembrò passare un’eternità, gli uomini videro case accartocciarsi su se stesse, intere famiglie fuggirono verso il vicino torrente, un fiume di fango invase le strade, proveniente da chissà dove. Mio padre riuscì a tornare a Ruvolo, e trovò la casa ancora in piedi ma vuota. Mia madre, con me in braccio, la nonna e altri paesani, si era messa in salvo salendo su una rupe rocciosa alle spalle dell’abitato, un enorme blocco di granito che, si sapeva, aveva già resistito con successo ad altri spaventosi cataclismi nel corso dei secoli. I mesi successivi furono tristi. Tutti gli uomini furono impegnati nello sgombero delle macerie e molte famiglie piansero per i loro morti. La mia famiglia ne uscì quasi indenne, tutti i miei parenti si salvarono e le ristrettezze e le difficoltà fecero riavvicinare mio padre e mio nonno. Ma del mio nome non se ne parlò più, per anni. Mi chiamavano Carlo e quello fu il mio nome fino al giorno in cui si rese necessario ottenere un certificato di nascita per l’iscrizione alla scuola elementare. Quando mio padre si presentò all’anagrafe per richiedere il certificato l’ufficiale dell’anagrafe aprì il registro dell’anno 1894 miracolosamente intatto, e rintracciò la pagina. Avrete capito che la gente semplice come noi non dava una grande importanza alle carte e ai documenti. Per mio padre il tempo impegnato nelle pratiche di cui non capiva niente era perso. Nulla di strano quindi che non si sia reso conto che in realtà l’atto di nascita non fosse stato completato a causa del terremoto. Nessuno aveva firmato niente. L’impiegato gli spiegò la situazione e mio padre ne prese atto seccato. 
- E quindi adesso come si fa? Mio figlio non potrà andare a scuola? 
L’uomo pensò che a volte per risolvere un grosso guaio può essere giustificata una piccola infrazione. Quel maledetto terremoto aveva già dato tanti dispiaceri. 
- Conosco bene Ciccio Malara e Matteo Nucara, entrambi non sanno leggere e scrivere. Ma voi?-chiese. - Neanche io, per tagliare legna non serve. So far di conto, però. Quello sì!  
- Non ci serve. Invece vi sembrerà strano, ma che non sappiate scrivere in questo caso è utile. Mettete un segno di croce qui. 
Mio padre firmò, poi l’impiegato appose una croce sotto il nome di Matteo Nucara e una sotto quello di Francesco Malara. L’atto era completo. Soddisfatto, l’uomo stilò il certificato e lo consegnò a mio padre che capì, ringraziò, e naturalmente senza leggerlo poiché non sapeva farlo, lo portò alla scuola elementare per iscrivermi al primo anno. Così, con un reato commesso a fin di bene, la procedura di ufficializzazione della mia esistenza in vita fu completata sei anni dopo la mia nascita. Il primo giorno di scuola uscii di casa euforico. Fuori della piccola casa che fungeva da scuola elementare, all’inizio del paese, c’erano già altri bambini, alcuni più grandi di me. Ci conoscevamo tutti ovviamente. Il maestro veniva dalla città, era un signore alto, ben vestito, un paio di grandi baffi neri, l’orologio nel panciotto e gli occhiali con le lenti rotonde. Si fermò sulla porta della scuola, e ci spiegò cosa ci stavamo apprestando a fare, cosa significasse quella fase della nostra vita e quanto fosse importante che tutti ci impegnassimo ad apprendere ed aiutarci tra di noi a tal fine. Mi piacque. Poi prese un foglio di carta e leggendolo iniziò a chiamare il primo appello dell’anno. Naturalmente in ordine alfabetico. Con la A iniziale non c’era nessuno. 
-Basile Noncarlo!  
Ci guardò, perplesso. Poichè nessuno rispondeva, andò avanti. Via via che chiamava i nomi, i miei compagni entrarono in aula. Alla fine rimasi solo, a guardare in viso il maestro. Lui sulla soglia, ed io tre gradini più in basso. 
 -Come ti chiami? 
Me lo chiese, ma credo sapesse già che quel Basile ero io. 
-Carlo Basile, signor maestro. 
-Infatti- disse- ho sbagliato a leggere. Come vedi anche i maestri non sono infallibili. 
Con un sorriso che non scorderò mai, m’invitò ad entrare. Il primo giorno di scuola fu indimenticabile, un misto di emozioni difficilmente descrivibili. Tristezza, timore, voglia di scappare… poi curiosità, interesse, allegria. Fu il mio maestro che in seguito ricostruì i fatti e mi raccontò ciò che era successo. Mi spiegò che una volta adulto avrei potuto, se avessi voluto, fare modificare legalmente il mio nome, da Noncarlo a Carlo, ma io non ho mai voluto farlo. Ancora oggi capita che quando qualcuno sente per la prima volta il mio vero nome ci scherzi sopra oppure trattenga a stento l'ilarità. Ma poi, conoscendomi, il nome non conta più. Ricordate ragazzi, il vostro nome è importante per voi, senza dubbio. Ma sarà importante nella vita nella misura in cui saprete onorarlo con le parole e nei fatti. Ognuno di voi, al termine del percorso d’istruzione seguirà una strada che lo porterà ad essere parte di qualcos’altro, ad influire sulla vita di altri. Sappiate essere buoni alunni per potere in futuro essere buoni maestri, di scuola o di vita, per chi sarà bambino dopo di voi. E adesso iniziamo… 
Pasqualino Placanica ©2017

sabato 1 luglio 2023

Dal triste Barbaro al Felice Saladini

Foto da Reggioacanestro.com

Siamo ridicoli, ammettetelo anche voi suvvia! Affrontiamo le attuali vicende che stanno travolgendo la Reggina Calcio con stupore, delusione, rabbia e chissà quante altre emozioni negative prendendocela con i giornalisti che avrebbero appoggiato i vari faccendieri truffatori che di volta in volta si sono presentati per depredarci, con i politici locali secondo noi conniventi o nella migliore delle ipotesi assenti, con gli imprenditori reggini che non si sono fatti avanti con “cordate” (termine molto usato a chiacchiere) per rilevare la Reggina. Tutti sarebbero colpevoli, secondo noi. 

Tutti, esclusi noi. Noi saremmo vittime. 

Ed è vero, siamo vittime, ma di noi stessi che, puntualmente, appena sentiamo dire quello che ci piacerebbe sentire esplodiamo in un entusiasmo ottuso e apatico al limite della demenza. E se qualcuno cerca di uscire fuori dal coro lo additiamo come detrattore, nemico di Reggio, fautore di interessi opposti a quelli della città. Ma anche il diavolo andrebbe ascoltato, se dice qualcosa di sensato, se argomenta sui fatti e non sulle chiacchiere.

Siamo un popolo ( ma io direi meglio un agglomerato di individui) che aspetta un padrone. Ne sentiamo il bisogno perché siamo pigri, meglio che ci sia qualcuno a decidere per noi, a dettarci i tempi e i modi. Siamo troppo impegnati a spettegolare, criticare, infangare, diffamare, calunniare. E’ facile, comodo e ci da una visibilità che altrimenti non sapremmo come procurarci. Facendo così siamo degli ologrammi visibilissimi, dopo tutto. Siamo i padroni del virtuale, autorevoli e accreditati, ma se partecipassimo alle decisioni non potremmo più esserlo. 

Eppure ormai di esperienza dovremmo averne. 

E così, Reggio è il luogo che in questo mondo di diffuso malaffare è visto come l’ideale approdo, a volte anche l’ultimo, per chi ha voglia o addirittura bisogno di soddisfare le sue fameliche voglie. In tutti campi, non solo nello sport. Politica, imprenditoria, servizi segreti, massoneria, criminalità organizzata. Perché sa di trovare campo libero, addirittura la collaborazione della vittima. Una variante evoluta (in peggio) della Sindrome di Stoccolma; noi amiamo il nostro aguzzino prima ancora che lo diventi.

Ogni tanto arriva anche qualche pazzo furioso che è davvero convinto di ciò che dice, e in quanto pazzo furioso si può permettere di promettere anche la luna. Allora è l’apoteosi dell’entusiasmo.

Restiamo così, ottusi e apatici, ad aspettare che arrivi il prossimo salvatore, magari in rappresentanza di una “cordata” di  eroi. E prepariamoci ad acclamarlo, coccolarlo, incensarlo.

La verità è che la cordata, anzi una bella serie di cordate, ce la meriteremmo sui denti.





domenica 26 luglio 2020

‘U re non faci corna











25 luglio 2020, presentazione delle liste che appoggiano il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà: dalle foto che circolano immagino di non aver capito niente delle norme anti-Covid vigenti. Gli abbracci sono permessi anche tra non conviventi, la distanza di sicurezza non esiste, le mascherine sono solo un optional, e comunque si possono tenere sul mento... Oppure più semplicemente... “ ‘u re non faci corna “. Le leggi si rispettano sempre e ancora di più dovrebbe farlo chi pretende di guidare una comunità. Sia il sindaco ricandidato che buona parte dei presenti non danno un bell’esempio, in queste immagini e mi aspetto che le Autorità preposte prendano, coerentemente con quanto già fatto in casi analoghi, i dovuti provvedimenti. Mi sembra di avere letto che a Scilla sia stato sanzionato un ristorante e anche alcuni clienti, per foto del genere. Oltre che di rispetto delle leggi si tratta di rispetto verso i cittadini.

venerdì 19 giugno 2020

Lavori sul viale Europa. Egregio Sindaco, conosce la differenza tra pazienza e sopportazione?


Dopo un anno dall’inizio dei lavori, una parte del viale Europa è finalmente presentabile e il Sindaco lo annuncia con un post rilanciato dalle testate web locali. 

“Portando pazienza”, scritto tra virgolette rende abbastanza bene l’idea. Perché vede, egregio Sindaco, in realtà la frase senza virgolette forse (e dico forse) si può adattare ai cittadini che per un intero anno hanno transitato occasionalmente dal viale Europa, ma non riguarda certamente chi, come il sottoscritto, lo percorre giornalmente più volte, per uscire e rientrare a casa propria; né, tanto meno riguarda i titolari e gli operatori delle varie attività commerciali che insistono sul viale. Per me non si è trattato di pazienza, ma di sopportazione. E che altro potevo fare? Cos’altro potevamo fare, noi residenti, se non percorrere disgustati le due corsie transennate, cercando di schivare le fosse (crateri, in verità) che hanno caratterizzato il manto stradale per tutto il periodo di attività del cantiere? In una città dove le rivendicazioni dei cittadini sono sistematicamente ignorate dai preposti e stigmatizzate dalla folta platea di clacchisti (boccaloni in buona fede o prezzolati in mala fede che siano) del politico di turno, passa la voglia di protestare e spesso subentra l'apatia. Mi duole dirlo proprio adesso, perché quest’anno ricorre il cinquantenario dei Moti di Reggio, uno degli eventi più importanti e significativi della storia di questa città, forse il più importante della storia moderna ed allo stesso tempo il più ignorato. E sottovalutato. La gente è stanca, Sindaco. Delle fosse, della spazzatura, delle tasse esose, dei servizi mal funzionanti. Paradossalmente, la gente è stanca della bellezza del centro storico che rende l’abbandono dei quartieri periferici ancora più evidente. È stanca dei proclami entusiasti che l’amministrazione senza alcun pudore non perde occasione di emettere appena se ne presenta la più piccola occasione. Il caso del viale Europa è emblematico. Un anno di disagi e lei, appena può, sbandiera un finto successo, dando la colpa del ritardo, nell’ordine: all’appalto nato male, a non meglio precisati problemi e per finire al COVID. Ma l’appalto chi lo ha indetto, chi lo ha gestito? I problemi quali sono e soprattutto chi se ne doveva occupare? Il COVID "c’entra perché ce cape”, come si dice a Roma, nel senso che se tutto fosse stato fatto nei termini non avrebbe influito. Non so se se ne rende conto, ma lei dice, Sindaco: scusate per il ritardo che non è colpa mia ma mi prendo il merito della realizzazione dei lavori. Non funziona così, a senso unico. Non dovrebbe. E per finire, ringrazia i cittadini “per la pazienza”. Mi scusi, ma a me sembra una presa in giro. E diciamola tutta, visto che ci siamo: i lavori terminati riguardano circa metà del viale, la parte sud è ancora transennata e in pessimo stato, come si può vedere dalla foto sotto. Stendo un velo pietoso sul cumulo di spazzatura che invade la carreggiata destra. È lì da almeno una decina di giorni.
Viale Europa lato sud



Certo, non si tratta di novità. Tutto ciò che non va adesso non andava neanche prima con la precedente amministrazione, si tratta di una malattia plurisintomatica cronica per questa città. 
Il fatto è che la sua amministrazione si era proposta come cura alla malattia, per cui qualche cambiamento, mi scusi ma ce lo aspettavamo. L’unica cosa sostanziale che è cambiata, in peggio, sono le tasse, a fronte di un peggioramento dei servizi. Mi perdoni se ho divagato.
In conclusione, i lavori sul viale Europa non sono per niente terminati e disagi continuano, sia per i residenti che per i commercianti. La “pazienza” e la sopportazione dei cittadini rimangono. Per adesso.













martedì 28 aprile 2020

Pandemia e libertà

Mi è stato chiesto (in privato, su una chat) di spiegare come la penso sui provvedimenti presi dal governo per fronteggiare la crisi sanitaria in atto. La condizione di dovere rispondere per iscritto mi ha permesso di mettere in ordine le mie idee sull’argomento (poche e abbastanza confuse).
Virus e pandemia: la discussione sull’argomento non mi appassiona, com’è ormai per quasi tutte le discussioni che abbracciano l’interesse generale; troppi esperti in giro, titolati o presunti tali, io non posso discutere di ciò che non conosco. La discussione, dico; l’argomento invece m’interessa assai. Per potermi spiegare bene devo fare una premessa, che forse riterrete noiosa, ma per me è necessaria. 
Io ho 58 anni di età, per ben 31 di essi ho svolto il mestiere di macchinista dei treni; in prima fila, responsabile ogni giorno di centinaia di persone che, senza conoscermi, mi hanno affidato la loro sicurezza, il loro tempo, volendo essere romantici anche il loro destino. 
Poi un malore inaspettato mi ha relegato in ufficio, togliendomi la possibilità di fare ciò che mi è sempre piaciuto: partecipare attivamente. 
Adesso, in questo brutto momento, sono l’unico della mia famiglia che vegeta aspettando che tutto finisca. Mia moglie è infermiera, mio figlio è OSS, mia figlia è volontaria e svolge servizio civile tutti i giorni, anche adesso. 
Io no. Io non posso più neanche donare il sangue, non mi è permesso. 
Sono amareggiato, perché non posso partecipare fisicamente alla lotta contro questo nemico infido e pericolosissimo. 
Sono un soggetto a rischio a causa della mia patologia. La mia possibilità di partecipare attivamente è ridotta al rispetto delle norme, dichiarate e/o intuite personalmente, che servono a me per evitare di contrarre la malattia, per interesse personale ma anche per evitare di diventare veicolo di contagio per altri. 
Non sono terrorizzato,  sono consapevole: non ho il diritto di espormi al naturale corso della vita per come è adesso, perché non sono solo, abito in una città, ho una famiglia. Devo dare conto delle mie azioni alla società. Certo, le limitazioni hanno un costo per tutti, capisco bene che c’è chi se non lavora non mangia e penso che la società, nelle sue variegate forme di rappresentanza, debba farsi carico delle necessità di queste persone (ma dovrebbe farlo sempre, non solo durante una pandemia). 
Non sono esperto di virus e pandemie, ci capisco poco o niente, quindi mi devo affidare a chi sa come fare, come facevano con me i viaggiatori dei miei treni. 
Sono però esperto praticante, permettetemi, di comportamento civico e ho una idea personalissima sul significato di democrazia. Per come sono percepiti in genere, i concetti di democrazia e libertà molto spesso non vanno d’accordo, questo non lo dice mai nessuno. 
Non si può essere liberi a costo della libertà di altri. Non si possono reclamare presunti diritti individuali a discapito di quelli di altri individui. E per tutto, diritti e libertà, c'è una scala d'importanza con al primo posto la vita umana e la salute.
Ecco come la penso ma, scusatemi, come dicevo la discussione non mi appassiona, alla mia età sono giunto a una conclusione: l’uomo tiene presente una piccolissima parte delle sue esperienze ma non ne fa tesoro, al massimo appunto le discute e poi, sventolando un malinteso concetto di libertà che va per la maggiore da millenni, fa come gli pare. 

giovedì 21 novembre 2019

Il testamento spirituale di Walter Zema



Mio nipote Walter, tragicamente deceduto in un incidente stradale in sella alla sua moto, era un ragazzo splendido. Lo sapevamo tutti, ma nessuno di noi, parenti stretti, avevamo capito QUANTO lo fosse, quanto fosse ampia la sua aura di simpatia e disponibilità verso gli altri. La sua morte mi ha aperto un universo che, forse perché lo avevo sempre intorno a rompere le scatole, non avevo mai sentito il bisogno di visitare. Per me era sempre l'amato figghiolazzo scassac... super esperto di tante cose, ma chiuso appunto nei suoi interessi. Ho scoperto un altro Walter, che sapeva comunicare meravigliosamente e trasmettere agli altri le sue teorie e conoscenze. Io l'ho scoperto adesso, ma i suoi amici, quelli veri che si sono manifestati a centinaia, lo sapevano già. Due anni fa, dopo una brutta caduta con la moto che gli era costata una lunga convalescenza, Walter aveva registrato un video che, lui certamente non poteva saperlo, è adesso il suo testamento spirituale. Un messaggio che ha lasciato ai suoi fratelli bikers del mondo intero e a tutti quelli che vorranno avvicinarsi al mondo delle due ruote. 

giovedì 7 novembre 2019

Commissione medica idoneità patenti di Reggio Calabria. Aggiornamento.





Premessa: Questo non è un organo d'informazione, semmai potrebbe essere definito "organo d'opinione". La mia; che vale in quanto tale, cioè ha valore pari a uno. 
Nello specifico caso, però, poiché nel post precedente ho evidenziato una problematica che coinvolge un grosso numero di cittadini (me compreso) e considerato che la stampa locale non sembra interessata, se è vero com'è vero che a parte qualche comunicato stampa pedissequamente copiato e incollato, nessuna testata ha trattato l'argomento, mi sento in dovere di integrare la narrazione di questa vergognosa vicenda con le ultime notizie, che ho ottenuto con una semplice telefonata fatta all'ufficio interessato.
Ho saputo stamattina che è stata nominata, o forse integrata, in ogni caso resa operativa , la "nuova commissione" (così l'ha definita l'impiegato con cui ho parlato). A breve dovrebbero iniziare le convocazioni, che avverranno tramite regolare missiva postale spedita come lettera raccomandata. 
Questo mi hanno detto e questo riferisco, sperando che non si tratti dell'ennesima presa in giro derivante dall'indiscutibile inefficienza dimostrata nel gestire la vicenda da parte degli organi preposti. 

venerdì 1 novembre 2019

Lettera al Presidente della Repubblica: I diritti dei cittadini "rinviati a data da destinarsi".


Visto che, a parte qualche comunicato stampa scritto (come appare dal tono) quasi per dovere di ruolo e pubblicato dagli organi di stampa altrettanto distrattamente, sembra che l'argomento non interessi a nessuno a parte logicamente chi subisce passivamente la situazione, ho scritto al Presidente della Repubblica informandolo della vergognosa vicenda, ancora in atto, che riguarda la Commissione medica di idoneità patenti della ASP di Reggio Calabria. Mi auguro che un suo auspicabile intervento serva a risolvere il grave disservizio creato dall'inefficienza amministrativa e forse dalla malafede di qualche politico, più interessato forse a ben utilizzare a fini elettorali le sue prerogative che a tutelate l'interesse dei cittadini (ed elettori). Sotto, il testo della missiva spedita oggi al Presidente Mattarella.

Signor Presidente, 
mi rivolgo a Lei per metterla al corrente di una incredibile vicenda che coinvolge, oltre che me personalmente, migliaia di cittadini di Reggio Calabria e della provincia.
La Commissione Medica Locale d’idoneità alla guida presso l’ASP di Reggio Calabria, costituita ai sensi dell'art. 330 del DPR 495/92 e dell'art. 119 c.4 del Codice della Strada non si riunisce ormai da tempo a causa della mancata sostituzione del Presidente della stessa, andato in quiescenza, a quanto pare quasi improvvisamente. 
Mi permetto di riepilogare brevemente la funzione della citata Commissione, che detiene in esclusiva la titolarità al rilascio del certificato medico d’idoneità alla guida ai soggetti colpiti da specifiche patologie, oltre che in tutti i casi in cui il possesso della patente di guida deve essere autorizzato a seguito di particolari controlli sanitari disposti dall’Autorità Giudiziaria o altre Autorità. 
La Commissione inoltre rilascia in esclusiva il certificato d’idoneità alla guida per i titolari di patente D e D+E ultrasessantenni e patente C e C+E ultrasessantacinquenni anche se non colpiti da patologie invalidanti. 
Ne consegue che il normale funzionamento della Commissione in oggetto è essenziale al fine di garantire ai cittadini che si trovano nelle condizioni descritte il diritto a detenere la patente di guida, seppur magari sottoposti a limitazioni, purché ovviamente rientrino nella casistica che lo permette. A Reggio Calabria questo diritto viene da qualche tempo negato a migliaia di cittadini, che si trovano sprovvisti di titolo di guida e quindi sottoposti a disagi in molti casi anche gravi, se si considera che spesso si tratta di soggetti portatori di handicap. Si tratta di cittadini di tutte le età, che usano il proprio mezzo per andare al lavoro, a fare la spesa, oppure, e credo che anche questo sia un diritto, per recarsi in un luogo idoneo a prendere una boccata d’aria. Sono coinvolti anche cittadini che con la patente di guida svolgono il loro lavoro, e che in assenza di rinnovo della stessa non possono farlo.  
Di ciò mi risulta che siano stati messi al corrente tutte le Autorità locali, se non altro tramite gli organi di stampa, ma fino ad oggi, alla data in cui Le scrivo, non si hanno notizie di azioni messe in atto dagli organi preposti (Consiglio Regionale della Calabria e ASP di Reggio Calabria) al fine di sanare la grave carenza. Ogni giorno che passa, oltre che un giorno in più di disagi, fa aumentare il numero dei soggetti coinvolti, con l’immaginabile caos che ne scaturirà quando, una volta designato il nuovo Presidente, la Commissione riprenderà la propria attività. 
Le chiedo quindi di volere gentilmente intervenire in merito con la Sua indiscutibile autorevolezza.
La ringrazio, e, di là dallo specifico argomento, mi permetto con l’occasione di esternarle la mia simpatia verso la Sua persona. Simpatia che non deriva solo dalla Carica che ricopre. 
Le auguro buon lavoro.
Codiali saluti
Pasqualino Placanica

martedì 29 ottobre 2019

L'informazione a Reggio tra bombe e terremoti.

Se a Piazza Carmine iettaru nu piritu, a San Sperato spararu 'na bumba. Stamattina mi è venuto in mente questo vecchio detto che usavamo ironicamente nel mio gruppo di amici per rimarcare qualche particolare notizia trasmessa oralmente da un quartiere all'altro della città, poiché accadeva spesso che la dimensione dell'accaduto, nel passare di bocca in bocca, aumentasse in maniera esagerata. Ecco, oggi è accaduto qualcosa di analogo, ma molto più in grande. A Messina spararu 'na bumba, a Rriggiu ci fu 'u terremotu. Un ordigno bellico fatto esplodere in mare senza preavviso alla popolazione ha causato panico a Reggio e Messina. Solo che in questo caso a trasmettere la notizia non è stata la voce del popolo, che come si sa è fantasiosa e birichina, bensì la natura, l'aria e l'acqua che hanno fatto semplicemente quello che fanno sempre e particolarmente bene nello Stretto, trasmettere suoni e vibrazioni anche a grandi distanze spesso amplificandole. 
Perché è stato possibile che accadesse? Altrettanto semplicemente perché come al solito qualcuno non ha svolto la funzione a cui è delegato istituzionalmente o che si è unilateralmente attribuito. 
Tutte e due le cose, in realtà. Sembra che dall'altro lato dello Stretto nessuno abbia pensato di avvertire i dirimpettai (ma neanche i propri concittadini, se può consolare) dell'imminente esplosione pilotata degli ordigni bellici; o almeno questo è ciò che si lamenta in giro. 
Ma in questa società, in cui chiunque sia in possesso di un tesserino rilasciato dall'ordine dei giornalisti può aprire un giornale online e mettersi a scopiazzare il lavoro degli altri spacciandolo per informazione, questo non dovrebbe accadere. Un giorno, assistendo ad un evento culturale a cui partecipava come ospite un bravo giornalista reggino, mi infastidì sentirgli affermare dal palco che a Reggio "i veri giornalisti sono pochi, al massimo una decina, tutti gli altri... fravagghia". La ritenni una affermazione arrogante e presuntuosa. Sbagliavo. In realtà, a Reggio, di giornalisti che vanno a cercare la notizia ne sono rimasti due o tre, gli altri sono  emigrati e li vediamo in televisione o li leggiamo sui grandi quotidiani perché qua davano fastidio e/o non trovavano lo sbocco meritato.  I molti, quelli che restano qui, aspettano che la notizia venga loro servita su un piatto d'argento. Il comunicato e la conferenza stampa sono diventati il loro pane quotidiano, per cui se il comunicato non arriva o la conferenza non viene convocata, ecco che  la notizia non c'è, salvo poi magari "esploda" fragorosamente. 
Faccio un esempio su una materia che purtroppo conosco bene essendo, lo confesso, vittima dell'accaduto. La commissione medica locale di idoneità alla guida di Reggio Calabria non si riunisce ormai da tempo a causa della messa in quiescenza del presidente, con la conseguenza che tutti i patentati sottoposti per vari motivi (di salute o altri vincoli particolari) a controllo periodico dell'idoneità alla guida non possono, alla scadenza, rinnovare la patente di guida. Sembra che al momento ci siano in città diverse centinaia di cittadini privati di un sacrosanto diritto dall'inefficienza di un apparato sostenuto dalle tasse che pagano essi stessi, probabilmente dall'inettitudine di qualche funzionario e forse dalla malafede di qualche politico. 
Il nuovo presidente della commissione dovrebbe essere designato dal Governatore della Regione e questo dovrebbe essere, soprattutto perché in periodo pre elettorale, quanto meno stimolo per un approfondimento da parte di qualcuno che abbia i mezzi per indagare. 
Suppongo che l'autorità giudiziaria stia già indagando, se non altro perché immagino che tra le vittime di questo vergognoso disservizio ci possa essere qualche magistrato o qualche politico di "spessore", magari antagonista di quelli che dovrebbero agire per sanare la cosa. 
Per il resto, l'azione degli organi d'informazione locali si è limitata alla pubblicazione di due comunicati stampa emessi da una associazione di consumatori e un altro (sempre comunicato stampa) di un politico locale perché, si sa, schierarsi con quattro righe non costa niente e può portare consensi. Non una parola aggiunta ai testi precompilati, non una telefonata agli uffici preposti, non un resoconto autonomo sulla situazione da parte di nessun giornale o sedicente tale. Questo è un esempio classico dell'andazzo standard dell'informazione nella nostra città, con l'eccezione di pochi/poche che danno l'anima sputando sangue, ma che da soli ben poco possono fare se non approfondire le loro specifiche materie. Tornando all'esplosione di oggi, quindi, che pretendevate: che qualche testata giornalistica copia/incolla potesse immaginare che magari sul sito della Capitaneria di Porto di Messina ci fosse un'ordinanza in merito? Mi sembra troppo, e lo dico sinceramente. 
Tutti assolti e indietreggiamo.









venerdì 8 febbraio 2019

Amministratori adeguati...all'inadeguatezza.

Ci ho pensato per diverso tempo e sono giunto alla conclusione che la definizione giusta sia questa: adeguati. Adeguati all'inadeguatezza che, dappertutto, spadroneggia in Italia. Gli amministratori di questa città galleggiante sono in gran parte adeguati all'andazzo nazionale, ben lontani dal famigerato malaffare lucido e spietato che veniva associato alle precedenti classi politiche; molto più vicini alla incosciente e spensierata faciloneria e alla sconfinata presunzione con cui si sono proposti al popolo molti di quelli che sono adesso componenti della attuale classe politica nazionale. Spensierati e faciloni, alcuni; arroganti presuntuosi altri, pavidi e sfuggenti altri ancora. Qualcuno raccoglie in sé tutte le prerogative, addirittura. E qualcuno naturalmente è competente e all'altezza ma, come si dice: una noce in un sacco non fa rumore. La situazione in città è ormai visibile a tutti, anche a chi per impostazione mentale non vuole vedere. Non mi interessano i processi a questo o a quello, gli avvisi di garanzia, le frequentazioni, gli interessi privati, gli abusi di potere e le altre storie e storielle che periodicamente vengono associate a questo o quel politico, consigliere, assessore o sommo monarca ereditario che sia. Mi interessano quei piccoli argomenti, che proprio perché sono piccoli dovrebbero essere di irrisorio impegno per ottenere una soluzione onesta e accettabile e che invece sono la perfetta cartina di tornasole che certifica la totale inettitudine di chi amministra, ma anche di chi gestisce e applica, la cosa pubblica in città. Oggi, otto febbraio 2019, il postino mi ha consegnato la fattura del servizio idrico con allegati bollettini, emessa dalla tanto vantata nuova società Hermes Servizi Metropolitani. Non voglio lamentarmi della cifra finale, e non perché non sia letteralmente scandalosa sia per la tariffa che per la qualità del servizio reso. È risaputo che in città l'acqua viene erogata a singhiozzo, anzi in apnea, e che la tariffa è semplicemente un furto legalizzato . Punto. A capo. Leggo:

"Questa bolletta è stata calcolata utilizzando la lettura di mc xxxx rilevata in data 06/02/2018. Il consumo rilevato per il periodo dal 01/01/2018 al 06/02/2018 è di mc xx. Inoltre è stato addebitato un consumo in acconto di mc xxx per il periodo dal 07/02/2018 al 20/12/2018 tenendo conto delle informazioni disponibili circa i suoi consumi abituali."

"Matricola contatore: xxxxxxxxx - Misuratore non accessibile"  (???)

Ora, il mio misuratore è accessibilissimo a patto che qualcuno si presenti a casa mia a pieno titolo e chieda di accedervi. Se non viene nessuno, l'accessibilità rimane un concetto astratto, devo dire in perfetta sintonia con altri concetti espressi su questo e altri argomenti analoghi in varie occasioni di presenza e sui vari organi d'informazione dai nostri amministratori. E comunque ho a suo tempo inviato la comunicazione di autolettura, facendo forse l'errore di utilizzare per la prima volta il servizio sms anziché la mail. Ma lasciamo perdere anche questo.
Non potendo pagare in unica soluzione la cifra finale sono andato a controllare la data di scadenza delle rate. E qui scatta l'applauso. Standing ovation meritatissima per gli eccelsi, inarrivabili, istrionici preposti alla riscossione. 
Scadenze: 1a rata: 09/02/2019 (domani); 2a rata: 01/03/2019; 3a rata: 21/03/2019; 4a rata: 10/04/2019.
Una rata ogni 20 giorni. Come se i sempre meno numerosi fortunati che percepiscono uno stipendio o una pensione vengano liquidati a decadi, o settimane. Spettacolare. Per chi (immancabilmente) vorrà sostenere che gli amministratori non hanno responsabilità perché le procedure sono stabilite da altre figure, bene sappiate che non me ne frega una beneamata...; chi si propone per gestire una città e viene incaricato dai cittadini di farlo deve essere attento nell'agire per quanto di propria competenza e controllare chi è preposto ad agire nei vari rami della gestione tecnico/amministrativa. E soprattutto non deve prendere in giro i propri concittadini - elettori. 
Sembra che le prossime elezioni amministrative si terranno a fine maggio 2019, pensate nel frattempo quante rate di tasse comunali si potrebbero pagare, a intervalli di venti giorni.












mercoledì 7 novembre 2018

"La Magara"




Dalla prefazione de "La Magara":

"...per questo le ingiustizie, le violenze, i drammi di cui sono vittime o artefici i protagonisti de La Magara esplicitano la consapevolezza che il male sarà sempre con noi ma sono come assorbiti nella certezza che il bene fatto, per quanto piccolo, sia sorretto da forze ancestrali. Al male che nasce nel cuore degli uomini, si opporrà, fino alla fine della Storia, il bene: custodito dalle donne magare, personificato da animali un po’ misteriosi e appoggiato dagli spiriti racchiusi nell’Etna e nello Stretto.
Dalle più profonde viscere della Calabria-mondo, Pasqualino Placanica trae un messaggio non consolatorio, indirizzato anzi alla responsabilità personale. Lo fa con i toni lievi della favola, lo stupore della magia che permea la materia, i tempi sospesi delle albe e dei tramonti incantati sul mare dello Stretto, sotto lo sguardo protettivo della grande Montagna." (Maria Franco)

L'estate scorsa ho partecipato al Premio Letterario Inedito Rhegium Julii per la Sezione Racconto, ottenendo il secondo premio con il racconto "L'antica Terra", che è in realtà il primo capitolo del mio ultimo romanzo, pubblicato in questi giorni online sul sito Amazon.it, 
Come accade spesso (a me, ma a quanto sento anche alla maggior parte di coloro i quali mettono su carta le loro fantasie) partendo da un'idea grezza mi sono ritrovato a percorrere itinerari all'inizio inimmaginabili; al punto da stravolgere totalmente le mie intenzioni iniziali e trascinarmi per l'ennesima volta nel mio personalissimo mondo fantastico, dove tutto è possibile, ma anche no! 
Così ho preso una dose di storia, uno spicchio di leggenda, un pizzico di mito e un cucchiaino di realtà, li ho mischiati con qualche dose di dubbi e poche certezze e ne ho ricavato il mio secondo romanzo: La Magara. Insomma, mi sono divertito a scrivere, anche se stavolta ci ho messo tanto, forse troppo tempo. Ma alla fine, come tutti gli scarrafoni belli a mamma sua, il risultato a me piace.
Ho avuto l'onore immeritato di ottenere che la professoressa Maria Franco insegnante presso la scuola del Carcere minorile di Nisida e giornalista  ne scrivesse la prefazione, con parole che (giuro che è vero) mi hanno mostrato aspetti del mio testo che preso dalla foga di scrivere non mi ero reso conto di avere esplicitato. Adesso lo sottopongo all'attenzione del mio modesto (come numero) pubblico di lettori, senza particolari ambizioni né pretese. 
Il libro è acquistabile online sul sito Amazon.it  e in libreria, per adesso solo a Reggio Calabria presso l'Edicola Libreria Buda in Stazione Centrale e la Libreria Nuova Ave.



venerdì 12 ottobre 2018

Storie rriggitane e L'odore del mare in formato ebook.

Adesso "Storie Rriggitane" e "L'odore del mare" sono disponibili in formato ebook sul sito Amazon.it al prezzo di 0,99 €.

Uno scrittore reggino, Ermete De Salvo, incontra la misteriosa Giulia in un luogo traboccante storia e magia. Inizia così un viaggio fantastico, in giro per una città millenaria, incontrando arcani personaggi. Ambientata a Reggio Calabria, una novella per scoprire una città invisibile, bella come la può vedere solo chi ne sente sottopelle l'anima vibrante.















“Mi piace Reggio di notte, soprattutto con le strade bagnate dalla pioggia. Mi piacciono gli alberi, enormi ficus con le loro radici aeree simbolo di forza e tenacia, quella forza che Reggio ha sempre avuta, ma che spesso non dimostra. Mi piace il silenzio esplosivo della notte, camminare e sentire rumori che il vuoto porta da chissà dove. Se posso esco, di notte. Giro a piedi, guardo, vedo, immagino. Più di tutto immagino. L’ho sempre fatto. Da ragazzo non capivo perché la mia città fosse così bella di notte, più bella che di giorno. Ora lo so. L’ho capito apprezzando la solitudine. Reggio è bella di notte perchè è deserta. La bellezza è sua, i reggini non c’entrano. Anche io stesso la renderei più brutta ai miei occhi. Ma io per fortuna non mi vedo. Sarà sempre bella, anche nei momenti peggiori, la mia città"


mercoledì 3 ottobre 2018

Io sto con Mimmo Lucano, epperò...

...Epperò tutte queste certezze che avete voi, io non ce l’ho. Non sono sicuro, anche se il cuore mi porta verso quella direzione, che sia onesto disobbedire sistematicamente ad una legge ingiusta. Sistematicamente, ribadisco. Non sono neanche sicuro su come fare per stabilire se una legge è ingiusta. Non ho mai progettato, né votato, né promulgato leggi, io. E non ho studiato giurisprudenza. L’unico metro di giudizio valido che ho è l’effetto che un’ipotetica legge avrebbe su di me. Ora, se su di me non ha alcun effetto come faccio a valutarla, e poi addirittura disobbedirle? E che differenza c’è tra chi deve applicare una legge agendo sugli altri e chi quella legge la deve subire? No, perché guardate che può disobbedire solo chi la applica. Chi la subisce non può mica rifiutarsi, anche se sicuramente lo vorrebbe fare. Chi la subisce se la deve succhiare tutta mentre chi dovrebbe cambiarla passa il tempo a discutere su chi è più bravo tra chi si oppone e chi la fa rispettare per dovere istituzionale. L’effetto che quella legge ha su di me, dicevo. Bravo io. Eccerto che, se quella legge mi favorisce, è sicuramente una buona legge! E anche se non mi danneggia non è poi tanto male, che me ne frega a me? Se invece mi costringe a fare ciò che non voglio fare, oppure a pagare tasse che non voglio pagare, o comunque a comportarmi come non mi piace, dovrebbe essere ingiusta. Ma io sono un individuo, uno solo, devo tenere presente l’interesse comune, quello della società di cui faccio parte, per cui non mi è permesso valutare una legge sulla base delle mie esclusive esigenze. O meglio, lo posso fare ma il mio parere vale uno, a fronte di milioni di fruitori della legge e/o dei suoi effetti. Ne dovrebbe scaturire che le leggi sono buone, o giuste, o idonee, o adatte… a maggioranza; e se sono leggi in vigore si suppone che chi non le ritiene giuste sia la minoranza, perché se fosse la maggioranza le avrebbe cambiate. E anche qui c’è un problema che aumenta la mia insicurezza: a maggioranza di chi? A maggioranza del popolo, a maggioranza di chi è interessato direttamente, a maggioranza di chi s’interessa sottraendo chi seppur coinvolto se ne frega? No perché ci sono leggi che coinvolgono tutti i cittadini, che sono le più importanti in assoluto, e altre che sono molto più numerose anche se meno importanti, che riguardano specifiche categorie di individui. Ogni legge ha un argomento. E qui siamo proprio nei guai, perché in Italia spesso le leggi seguono il dettato biblico che predica che la mano sinistra non sappia cosa fa la destra. Per esempio le leggi economiche, dove da decenni si tagliano le spese in tutti i rami nevralgici della pubblica amministrazione senza prevederne e disciplinarne le ripercussioni nel ramo. Un ministero taglia le spese, un altro ne subisce le conseguenze. Come dite? Tutti dovremmo interessarci alla gestione della cosa pubblica, e perciò alle leggi che la regolamentano? E chi ce l’ha il tempo, meglio delegare, possibilmente senza neanche controllare se il delegato ha i requisiti per agire. Mandiamo parlamentari a parlamentare, sottosegretari a sottosegretariare, ministri a ministrare e lasciamoli fare. Facciamo che ognuno di noi si preoccupa dei ca…si suoi personali e poi magari ci ritroviamo tutti insieme a discutere se chi, invece cerca di dire la sua, merita l’arresto o no.  Ecco, per esempio io vorrei disobbedire alla legge Fornero, che, è ormai assodato sia una legge ingiusta. Mi ha posticipato la quiescenza di otto anni, se va bene. Quindi per me è sbagliata. Disobbedisco, da domani vado in pensione! A no? Non lo posso fare? Già, come dicevamo prima, me la devo succhiare tutta, questa legge iniqua. Beh, sapete che vi dico?  Visto che voglio comunque disobbedire, allora in pensione non ci andrò mai e lavorerò fino alla morte.

sabato 8 settembre 2018

Gonfaloni in fuga.

Gonfaloni in fuga
Simpatica scenetta, anzi atto unico, oggi alla Processione della Sacra Effige della Madonna della Consolazione, che ha visto sul palco i cittadini e la delegazione delle Autorità, Comune, Città Metropolitana e Regione Calabria. Per un evidente malfunzionamento del servizio d'ordine, durante il percorso è stato possibile, per un folto gruppo di ignari cittadini proveniente dalle traverse (compreso il sottoscritto) inserirsi nel corteo tra la Vara e il gruppo delle Autorità guidato dal Sindaco Falcomatà. Giungendo sul Corso dalle traverse ed intersecando il corteo, non si ha la visione totale del corteo, per cui se chi arriva vede passare semplici cittadini in quel momento, vi si inserisce tranquillamente. Il gruppo si è poi ingrossato durante il percorso. Dapprima la novità è stata accolta come un atto simbolico di cortesia verso la cittadinanza. Cedendo il passo ai cittadini, il Sindaco avrebbe omaggiato la città riconoscendo al popolo il diritto di stare immediatamente dietro alla Sacra Effige. Ma, gesto voluto o no, il crescente nervosismo che ha assalito il gruppo delle Autorità ha evidenziato l'esistenza di un problema. C'è stato un piccolo scambio di battute tra i due gruppi a seguito della richiesta (inconcepibile a quel punto) fatta ai cittadini di cedere il passo alle Autorità. Niente di grave, ovviamente. Solo che in quelle condizioni, che più di un migliaio di persone, tra cui anziani, donne, bambini e invalidi uscissero dal corteo simultaneamente era una cosa impensabile ed inattuabile. In prossimità dell'arrivo in Piazza Duomo, la Vara ha effettuato una sosta più prolungata, e contemporaneamente l'intera delegazione delle autorità è scattata letteralmente di corsa con tanto di gonfaloni al vento e scorta interforze di vigili, guardia di finanza, polizia e carabinieri scomparendo nelle traverse parallele al Corso, per superare il corteo e raggiungere la Cattedrale prima della Sacra Effige, tra l'ilarità generale che, vi garantisco, era priva di malizia. Qualcuno ha paragonato la scena ad una carica di fanteria alla baionetta di inizio secolo. Insomma, un po' di allegria in più che non guasta mai.
Vi confesso però che a vedere quei gloriosi gonfaloni scomparire ondeggianti in lontananza, un po' di magone a me è venuto.

venerdì 7 settembre 2018

Troviamo una casa a Baghera.


Baghera, 6/7 mesi, si trova a Reggio Calabria, probabilmente è stato abbandonato. Ha fatto entrambi i vaccini, il prossimo dovrà farlo nel 2019. Chi fosse interessato può postare un commento a questo post oppure scrivere a paplaca@libero.it lasciando un recapito, sarà ricontattato in tempi brevissimi. 

lunedì 13 agosto 2018

Occorre differenziare anche i cittadini.

Foto di repertorio 
E allora, Klaus Davi a parte, che a me, quando viene a Reggio, da come racconta le cose sembra sempre quel signore che aveva appena scoperto che anche la propria mamma era fornita di attributi specifici del proprio sesso, ce la vogliamo dire la sacrosanta verità sulla crisi rifiuti che è esplosa dirompente in città? La verità è una sola: c'è a Reggio una grossa fetta di cittadini (seppur minoritaria) che non paga la raccolta dei rifiuti, quindi non è censita e non ha alcuna intenzione di farsi censire. La responsabilità è loro, ma anche e SOPRATTUTTO dell'amministrazione che non è all'altezza del proprio compito, che è quello di scoprirli e sanzionarli oltre che costringerli a pagare e ottemperare quindi alla corretta raccolta. Amministrazione che ha il dovere di dare conto ai cittadini corretti e onesti, i quali hanno il diritto di vedere portato a buon fine il processo a cui contribuiscono per la parte di loro competenza.  
Poco o per niente incisive le multe, assolutamente inutile lanciare appelli alla civiltà, cari signori, perché si tratta di questione di sopravvivenza: 
chi lascia la spazzatura in strada non può fare altrimenti, perché per propria colpa non è in condizione di smaltirla regolarmente
Diciamoci la verità, fino a che sono rimasti i cassonetti in alcuni rioni, c'era un sacco di gente che prendeva i propri rifiuti e da tutte le zone della città li andava a conferire nei cassonetti al rione Modena o nel centro storico. Adesso che cassonetti non ce n'è più, un posto vale l'altro per questi "lordazzi", come li ha definiti il nostro egregio sindaco. Ma come definire chi ha aspettato che il bubbone scoppiasse senza cercare di mettere in atto qualche contromisura? Adesso che cosa dovremmo fare, noi cittadini onesti e corretti? Scendere in strada e litigare personalmente con i lordazzi? Troppo comodo, egregi amministratori. Va bene, soldi non ce ne sono, abbiamo i debiti, voi siete diversi ed è colpa di quegli altri, ma abbiate pazienza, per rompere il sederino ai lordazzi soldi non ce ne vogliono, basta averne la volontà. E lo dovete fare voi. Urgentemente.
Certo, i lordazzi votano e le elezioni sono vicine. Ma i lordazzi sono comunque una minoranza seppur maggiormente dannosa. Votano anche i cittadini onesti.

giovedì 14 giugno 2018

Il problema Regeni e il ministro in cerca di attributi.

foto dal web

“Il problema Regeni”. Per il neo ministro dell'interno di questa adesso degnamente rappresentata repubblica delle banane, il destino di un cittadino italiano può diventare un problema, di quei problemi che non si possono risolvere in altro modo che non sia quello di ignorarlo. Nel paese in cui la cosiddetta famigerata "ragion di stato" ha, più che in qualsiasi altro luogo del mondo, da sempre prevalso sugli interessi del popolo, il concetto espresso da Salvini non dovrebbe far scandalizzare nessuno, se non fosse che mai nessuno che rivestisse una così alta carica dello stato lo aveva così sprovvedutamente esposto. Lo sapevamo, ministro, che in realtà, a parte le personali iniziative di qualche singolo che ha poi pagato a caro prezzo la propria umanità, in Italia, ma anche nel resto del mondo, vengono prima gli interessi degli stati e poi quelli dei popoli. Se così non fosse adesso non saremmo a parlare di migranti, guerre e disoccupazione. Per cui non credo sia utile approfondire il concetto che lei ha espresso, credo invece sia opportuno valutare, anche da questo gesto da sprovveduto pressappochista, quanto lei sia veramente all'altezza del ruolo che ha voluto a tutti i costi ricoprire. Un ministro della repubblica che dichiara apertamente che, in nome dei buoni rapporti con un paese straniero, accetta di ignorare e dimenticare l'omicidio insoluto di un cittadino italiano autorizza automaticamente altre azioni del genere, sia in Egitto che nel resto del mondo, mettendo a rischio tutti i cittadini italiani all'estero, che siano turisti o che agiscano nell'interesse del governo italiano ufficialmente o in incognito. Ma che glielo dico, a fare, ministro? Glielo avranno già detto altri, magari anche un po' incazzati e non mi meraviglierei se tra poco arrivasse la solita smentita  con la giustificazione del malinteso o della decontestualizzazione. Quello che le voglio dire io, invece, è che  quando non si crede veramente in ciò che si dice occorre avere poi una buona memoria, in particolare modo adesso, nell'era di internet. Nell'aprile 2016, da parlamentare europeo lei, riferendosi proprio al caso Regeni, auspicava che ci fosse "un ministro del governo italiano che tiri fuori un minimo di attributi". Adesso, visto che per tirare fuori gli attributi occorre averne voglia e soprattutto occorre averli, ci vuole, di grazia, indicare qualche suo collega che possa farlo, visto che lei ha già dichiarato di non essere in grado?


martedì 6 marzo 2018

Non è colpa vostra, zappate e vaffanculo!

Onestamente, con la vostra incoerenza, con la vostra ottusità, con la vostra saccenza, con la vostra supponenza, con la vostra arroganza, con la vostra logorrea, con la vostra falsità, con la vostra ambiguità, con la vostra ambizione, con la vostra strafottenza, con la vostra apatia, con il vostro protagonismo, con la vostra boria, con la vostra pigrizia, con il vostro vittimismo, con tutto questo e altro ancora.... MI AVETE SCOCCIATO!!!!!! Andate a zappare la terra, senza crearvi problemi che non avete. Lasciate perdere i discorsi complicati, abbandonate gli argomenti difficili, lasciate che altri decidano per voi, di voi, dei vostri figli, dei vostri nipoti.  Non è vero che qualcuno vi vuole sottomettere, non è vero che qualcuno vi ha depredati, non è vero che qualcuno vi sta succhiando il sangue, non è vero che qualcuno vi sfrutta. Calate lo sguardo a terra e non vedrete niente; mettetevi i tappi nelle orecchie e non sentirete niente; non pensate e non farete danni. ZAPPATE, ZAPPATE, ZAPPATE. E quando trarrete i frutti del vostro lavoro dal terreno, ricordatevi che il terreno non è vostro, vostro è solo il sudore che ci avete messo. Andate a ringraziare chi vi ha permesso di zapparlo, sperando che vi conceda ancora di farlo. E non ve ne vergognate, è la vostra natura, non c’è niente di male ad essere  servi, o meglio ancora schiavi, ad essere sottomessi. Non è colpa vostra. Ma poi come fareste a vergognarvi, siete abituati. Siete servi figli di servi, nipoti di servi, discendenti di servi. Non sapete, non concepite non prendete neanche in considerazione la possibilità che si possa vivere diversamente. Come il cane che aspetta nell’angolo della stanza sperando che il padrone gli conceda l’osso che ha spolpato, così voi aspettate sperando che chi vi sfrutta vi conceda il suo sguardo benevolo e l’elemosina per potere vivere, o sopravvivere ancora un giorno. E lavorate, poi respirate, poi vegetate, poi lavorate, non vi create problemi che non avete, non pensate al futuro, per voi non c’è un futuro. Per voi domani non sarà un altro giorno. E vaffanculo!  

(Già pubblicato il 19 settembre 2014 ma più attuale che mai)

mercoledì 8 novembre 2017

Lettera ad un Amico mai stato.


(Fantasia portami via) 

Caro amico ti scrivo, perché non avevo niente da fare…
Lucio Dalla e Luigi Tenco probabilmente si rigirerebbero nella tomba se sapessero, solo che l’assemblaggio dei due concetti rende perfettamente l’idea. Mi perdoneranno, spero.
Come sai sono da mesi a terra,  relegato disarmato dentro un fortino di cemento (forse è anche armato, il cemento) senza un preciso incarico, a rigirarmi i pollici per buona parte della giornata. Dovrei difenderlo mi dicono, mi dicono anche che il nemico verrà, ma non mi danno alcuna indicazione. Non so quando, da dove, che aspetto avrà… boh!
Stare per buona parte della giornata da solo ad aspettare un nemico che forse nemmeno esiste o che non sembra avere alcun interesse per il mio fortino, e passare poi il tempo rimanente tra i miei compagni di sventura che, ahimè! trovano dilettevole disperarsi e recriminare sul proprio destino di soldati senza tempo e senza futuro, mi comprime, mi deprime, mi opprime.  Capirai perciò perché, se non posso evitare per ovvi motivi il mio lungo turno di guardia sotto il sole aspettando chi non verrà mai, eviti se non altro d’intrattenermi con gli altri, al fine di non aggravare la mia condizione di precario equilibrio in bilico tra una folle saggezza ed una saggia follia. Tutto ciò mi ha dato, mi dà motivo e occasione per riflettere su altro.
Argomenti dapprima a caso, poi sempre più definiti, fino a giungere all’individuazione di quelli più importanti, o forse solo quelli che a causa del delirio indotto dai lunghi periodi di guardia sulle mura del fortino, fissando l’orizzonte esposto al sole e spesso senza un goccio d’acqua o qualsiasi altro genere di ristoro, come tali mi appaiono.
E, caro amico, tra quegli argomenti, quello che costantemente mi si presenta, che al momento mi sembra urgente e necessario da trattare, è proprio la nostra cosiddetta amicizia.
Un giorno, dovresti ricordare, ti confidai di avere una mia personale idea dell’amicizia; ti dissi (è un concetto che ho ben elaborato) che le vere amicizie sono quelle disinteressate. Su questo sono certo di ottenere l’assenso di molti. Ma la mia riflessione non si ferma certamente all’ovvio, si completa con una (mia) certezza: accettando comunque le eccezioni che in natura si presentano sempre, le uniche amicizie veramente disinteressate sono quelle contratte nell’infanzia, nell’adolescenza, in prima gioventù. Quelle, insomma, che scaturiscono da simpatia istintiva e non da motivi di opportunità o necessità. Sono quelle che non hanno e non avranno mai bisogno di essere messe alla prova, che dureranno per sempre anche senza essere coltivate. Sono le amicizie “sempreverdi”. Ciò non esclude naturalmente che anche altri incontri in età più matura, possano alla fine portare alla nascita di amicizie “sempreverdi”. Raramente mi sono sbagliato nello stimare e valutare altri, non certo nel valore complessivo, che sarebbe estremamente presuntuoso da parte mia, ma nel peso da attribuire al rapporto sociale da costruire ed eventualmente mantenere. Perché per me per definire un amico non contano pregi e difetti, bensì ciò che da essi scaturisce alla fine in forma di rapporto con l’altro. Quando te ne parlai, se lo ricordi, lo feci proprio per elevare la nostra amicizia al rango di eccezione che conferma la regola. Perché in effetti questo mi sembrava che fosse. Anzi, ne ero certo. Io.
Per questo mi imbarcai con te sulla nave di cui tu eri l’indiscusso capitano, senza ambizioni né pretese, disponibile a partecipare a qualsiasi impresa o anche solo stare a guardare. L’unica pretesa, ecco una in realtà c’era, legittima credo, quella di venire informato al momento giusto. Al momento che TU, in relazione all’importanza che attribuivi alla nostra amicizia, avresti individuato. Ingenuamente pensavo di essere almeno un gradino più in alto del normale pubblico, quello che assiste allo spettacolo seduto in platea.  E però mi sbagliavo. 
Non avevo tenuto conto del tempo. Quello passato, che non si può cancellare; che se non è comune ad entrambi può incidere in maniera devastante anche dove in realtà non dovrebbe. Ma attenzione! ... purché glielo si lasci fare. E qui dovrebbe intervenire lo spirito dell’amicizia “sempreverde”, a far sì che uno dei due si adegui all’altro. Ma secondo me, caro amico, accettare le decisioni di un altro non vuol dire stare zitto o magari incoraggiarlo a prescindere.  Non è quello che IO mi aspetterei da un amico per come intendo l’amicizia.
Ed evidentemente su questo non siamo d’accordo.
Così ho assistito, a cose fatte, all’inversione di rotta della tua nave. Non è il massimo ma ancora ci può stare. Certo mi avrebbe fatto piacere conoscerne almeno i veri motivi, alla fine.
Poi ho saputo da un amico comune che era imminente una nuova avventura, ed il fatto strano è che quell'amico parlandomene non credeva di informarmi, bensì di approfondire tramite me l’argomento. Io, che non sapevo né immaginavo alcunché, nell’immaginario collettivo di quello che è il piccolo mondo in cui viviamo sarei depositario di segreti e confidenze da parte tua.  Ma anche questo, preso singolarmente, non avrebbe alcuna importanza.
Ciò che mi ha profondamente ferito, caro amico, è la tua assenza, o se preferisci la tua presenza fittizia, nel momento in cui avresti dovuto pensare che forse avevo bisogno di un segno di vicinanza che, perdonami, non si può concretizzare con una semplice missiva di poche righe e il rinvio ad un successivo incontro che non c’è mai stato, specie se a quella missiva qualche giorno dopo se ne aggiunge un’altra, con la quale come se nulla fosse mi chiedi di partecipare all’ennesima tua avventura a sorpresa (per me dico). Inutile rammentarti, amico mio, che ho subito ottemperato alla tua richiesta nella misura che le mie possibilità del momento e le mie modeste doti mi hanno permesso. Ho pensato, allora, che eri talmente preso dall’entusiasmo che non ti rendevi conto che forse prima di chiedermi di combattere avresti dovuto chiedermi se ne avessi la forza.
Comunque non fa niente. Adesso va tutto bene e se non fosse che non avevo niente da fare probabilmente non avrei mai impegnato tempo e fatica a scrivere queste righe, che alla fine lasciano il tempo che trovano.
Si tratta, in definitiva, solo ed esclusivamente di ridimensionare un valore. Tocca a me farlo, sono io quello insoddisfatto. Così ho colto l’occasione. 
Torno al mio fortino, domani sarò nuovamente di guardia. E poi, durante il meritato riposo, mi occuperò di qualche altro fantasma o demone da esorcizzare; ce ne sono tanti, sai, basta avere il tempo di individuarli.
Sempre che nel frattempo il nemico non attacchi.
Un abbraccio sincero.

Billy B.