Confesso che non conoscevo i meccanismi complessi che regolano la concessione della grazia ad un cittadino condannato in via definitiva. Immaginavo che una delle condizioni necessarie ed irrinunciabili fosse il dichiarato pentimento. Graziare un delinquente certificato da una condanna definitiva che non ammetta di avere sbagliato e di essersi pentito mi sembrava non fosse nella logica democratica; "è come se qualcuno avesse il potere assoluto di annullare il volere del popolo italiano" mi dicevo. E invece è proprio così: tra le condizioni per la concessione della grazia non c'è il pentimento, né l'ammissione della colpa. Accade così che un delinquente pregiudicato certificato da una condanna possa essere oggetto di una richiesta di grazia per la sua persona mentre contemporaneamente nega di avere commesso il fatto, attaccando ferocemente chi lo ha condannato, ed offendendo un Organo dello Stato di cui colui che dovrebbe concedergli la grazia è il Capo. Mi domando se tutto questo è costituzionale. Nel frattempo al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che sta "attentamente esaminando" mi permetto di consigliare di anteporre all'esame della richiesta di grazia la condizione del pentimento da parte del condannato. Non si può stare con lo stesso piede in due staffe.
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