La prima notizia veramente ufficiale sulle candidature alle prossime elezioni amministrative comunali è di quelle che non fa sperare in niente di nuovo. Dato per scontato che chi è rimasto (malamente) coinvolto nelle pessime vicende che hanno caratterizzato la storia politica ed amministrativa della città degli ultimi dieci anni è ufficialmente o comunque moralmente impresentabile e in alcuni casi incandidabile, ho immaginato che altrettanto si potesse dire di chi dovendo vigilare non lo ha fatto, e di chi, sapendo non ha detto e continua a non dire. Ancora di più chi dovendo sapere non ha saputo, naturalmente, di cui in tal caso sarebbe tanto palese l'incompetenza e l'inadeguatezza consequenziale da escludere a prescindere la possibilità di candidature a qualsiasi carica amministrativa, men che meno a quella di sindaco della città. E peggio ancora chi ha magistralmente dimostrato di sapere il fatto suo con atti ed azioni conclusi positivamente nel proprio interesse, ma non ha dimostrato altrettanta maestria (o voglia di fare) in casi analoghi in cui però non ha interessi personali. Per interessi personali intendo il raggiungimento di obiettivi leciti, chiarisco a scanso di equivoci. Mi rivolgo a tutti i potenziali candidati, a sindaco, a consigliere, ad amministratore di qualsiasi tipo che abbiano le caratteristiche descritte: abbiate la compiacenza, seppur capisco che vi costerà, di capire cari signori, che avete avuto dieci anni per agire ed il periodo successivo (che dura tutt'oggi) per raccontare alla città quello che è successo. Se non lo avete fatto e ancora non lo fate, quale che sia il motivo, incompetenza o malafede, non potete sperare di ottenere consensi da chi sta pagando caro e salato il vostro pessimo operato. Il solo pensare che chi dovrà esprimere il voto non abbia memoria di quello che è successo è un'offesa alla città, non trovo altro termine utile ad esprimere la mia opinione in merito. Fare politica non può e non deve essere un lavoro, né una terapia ordinata dal medico curante; chi si propone deve essere pulito, capace e trasparente. A cominciare dal proprio passato.
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"passo la vita fuggendo dalla mia ignoranza"
NON CAPISCO...E NON MI ADEGUO!!!
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mercoledì 30 ottobre 2013
mercoledì 23 ottobre 2013
I cittadini ringraziano... ma poi?
La
(ottima) notizia pubblicata da Il Quotidiano della Calabria a firma di Peppe
Baldessarro, secondo la quale i cittadini di Scilla hanno ringraziato i
Carabinieri per avere smantellato l’organizzazione mafiosa che strangolava la
città mi ha riportato a riflettere per l’ennesima volta sui motivi che
costringono decine di migliaia di persone a sottostare a poche decine di
delinquenti. E sono giunto per l’ennesima volta alla stessa conclusione. Non ce
ne sono. O meglio, non ce ne sarebbero se tutto funzionasse. La sola violenza
non sarebbe un motivo valido, se fosse immediatamente stroncata dall’azione
dello Stato. Commetti un reato, chi lo subisce ti denuncia, chi riceve la
denuncia ti arresta, lo Stato ti giudica e ti condanna. E allora? C’è qualcosa
che non funziona, dov’è l’inghippo, se è vero com’è vero che le denunce stanno
arrivando, ormai da tempo? E se è vero com’è vero che gli arresti e le condanne
stanno fioccando? Nessuno è felice di sottostare alla violenza, chiunque possa
sottrarsi lo fa immediatamente. Ed è felice di farlo, prova ne sono i
ringraziamenti dei cittadini di Scilla. La mia opinione è che all’arresto ed
allo smantellamento di intere cosche egemoni non corrisponde l’immediata
occupazione dello Stato del terreno conquistato. Inutile asportare pezzi di
tessuto malato senza poi riempire il vuoto creato con materia sana, la malattia
tornerà sotto altra forma. Ma è tanto difficile capire che se lo Stato non si
riappropria (ma forse è meglio dire appropria) della gestione della vita dei
cittadini non vincerà mai la guerra, ma solo battaglie non decisive? Finché lo
Stato, anziché aiutare il cittadino, gli creerà difficoltà, finché la gente
avrà bisogno di guardarsi in giro per sapere a chi rivolgersi nella necessità,
finché ci sarà chi si potrà proporre o imporre per risolvere in qualche modo i
problemi essenziali dei cittadini, esisterà l’alternativa. E poi chiamatela
come volete: usurai, politica corrotta, massoneria deviata, mafia, ndrangheta,
camorra; sarà sempre e solo l’effetto dell’assenza dello Stato, quello con la S
maiuscola.
venerdì 11 ottobre 2013
Lampedusa
di Fulvio Cama
Veni di sud e spera d’
arrivari,
Nda ddhu giardinu ammenzu
di lu mari,
Ma havi a passari un mari
senza Diu,
Nda chiddhu mari puru Diu
muriu!
Cu l’occhi niri culuri
ill’abissi,
Fimmina beddha prega e
dici missi,
Purtandu ‘n grembu lu so
criaturi,
Brazza cunserti mi nci fa
caluri.
Fami e stanchizza pi la
traversata,
Ciangi la mamma è tristi
e dispirata,
Ma quandu c’oramai è
disillusa,
Ci appari la costa di
Lampedusa.
Nci veni forza e nu
sorrisu nesci,
Di ddhu sorrisu u figgiu
soi si pasci,
La costa si fa sempri
chiù vicina,
Si senti sciauru i terra
marina.
Ma chiddhu è mari aundi Diu muriu,
E lu barcuni an botta si
firmau,
Passa n’istanti e pi fari
signali,
Mpiccica focu e l’attimu
è fatali!
Brucia la barca e affunda
tra li flutti,
Avidu mostru subitu sa
‘nghiutti,
Non lassa scampu non duna
riparu,
Assassinu e di viti umani
avaru.
Mamma scindi a lu fundu
senza scampu,
Ma prima di la morti
ultimu lampu,
Cu l’acqua chi lu pettu
nci rinchiu,
Lu so figghiolu u stessu
u parturiu.
Ma fatu assai crudeli e
assai spietatu,
Mmazza la mamma cu figgiu
attaccatu,
Chi si curduni spezza nda
ddhu mari,
Figghiu chi nnata iddhu u
sapi fari!
Di chiddha scena ‘nfami
ed impietusa,
Chi la natura tutta la
ricusa,
Puru li pisci cani fa
ciangiri,
E nda ddhu locu non vonnu
mangiari.
Puru l’ultimu diavulu
s’indigna,
Comu si poti dari sta
cundanna?
E a chiddhi chi rifiutanu
sta genti:
“iddhi i me frati, e vui non siti nenti!”
Traduzione in italiano
Viene dal Sud e spera di arrivare
In quel giardino in mezzo al mare
Ma deve attraversare un mare senza Dio
In quel mare anche Dio è morto!
Con gli occhi neri color degli abissi
La bella donna prega e dice messe
Portando in grembo la sua creatura
Con le braccia conserte per fargli calore.
Fame e stanchezza per la traversata
Piange la mamma è triste e disperata
Ma quando ormai è disillusa
Appare la costa di Lampedusa.
Gli viene forza ed un sorriso le esce
Di quel sorriso il suo figlio si nutre
La costa si fa sempre più vicina
Si sente l’odore della terra marina.
Ma quello è mare dove Dio è morto
Ed il barcone di colpo si ferma
Passa un istante e per fare un segnale
Appicca il fuoco e l’attimo è fatale!
Brucia la barca e affonda tra i flutti
Un avido mostro subito la inghiotte
Non lascia scampo, non da riparo
Assassino e avaro di vite umane.
La mamma scende a fondo senza scampo
Ma prima di morire un ultimo lampo
Con l’acqua che il petto le ha già riempito
Il suo figliolo lo stesso ha partorito
Ma il fato assai crudele e assai spietato
Ammazza la mamma col figlio attaccato
Che se si fosse spezzato il cordone nel mare
Il figlio può nuotare perché lo sa fare
Di quella scena infame ed impietosa
Che tutta la natura ricusa
Anche i pesci cane fa piangere
Ed in quel luogo non vogliono mangiare
Anche l’ultimo diavolo s’indigna
Come si può dare questa condanna?
E a quelli che rifiutano questa gente:
“Loro sono miei fratelli e voi siete niente!”
sabato 5 ottobre 2013
I vasi comunicanti e l'uomo-bestia
La
parola “animale” riferita alla specie umana contiene due concetti: il
cosiddetto uomo è un essere umano, ma anche un animale. Voglio essere
ulteriormente preciso, l’uomo è anche una bestia. E riferendomi al concetto generale,
toglierei anche. L’uomo è una bestia; la peggiore. Dante Alighieri scrisse: “lo
pensiero è propio atto de la ragione, perché le bestie
non pensano, che non l’hanno; e non dico
pur delle minori bestie, ma di quelle che hanno apparenza umana e spirito di
pecora, o d’altra bestia abbominevole”. Così il sommo poeta
separò benevolmente l’uomo cosiddetto “normale” da quella parte di individui
che si comporta da bestia. Le bestie sarebbero altri, pochi, non tutti. Oggi è
evidente che non è così, ma sospetto che Dante, profondo conoscitore dell’uomo
dei suoi tempi, sotto sotto la pensasse come me, se è vero com’è vero che si
prese la briga di descrivere l’inferno come soluzione finale alle abiezioni
umane, e ci mise a guardia una bestia, Cerbero, ed a regnarvi al comando la “bestia”
per eccellenza. Siamo tutti delle bestie e il ben dell’intelletto non ci serve
per vivere meglio, per rendere il mondo migliore. Siamo peggio delle bestie,
che il ben dell’intelletto non ce l’hanno e quindi in un certo senso sono giustificate.
L’uomo ha utilizzato la sua migliore qualità per complicarsi la vita, da
sempre. Non è stato capace di progredire socialmente di pari passo con il
progresso scientifico, ed adesso ne paga care le conseguenze. Da
millenni l’essere umano si sposta; si sposta in massa, invade, emigra, esoda.
Prima a piedi, poi con mezzi sempre più veloci ed efficaci. E quando si sposta
in massa lo fa sempre per motivi seri, per necessità. Chi si sposterebbe mai da
un posto in cui sta bene? La soluzione sarebbe facilissima, perfino banale: fare
in modo che sulla terra si stia bene dappertutto. Da millenni l’uomo fa
l’esatto contrario. Utilizzando i progressi scientifici ottenuti utilizzando il
“ben dell’intelletto” è stato capace di creare nel tempo due grandi contenitori
virtuali, uno enorme e l’altro piccolissimo. I due contenitori, che nei secoli
passati erano divisi dalle difficoltà di spostamento, adesso sono sempre più comunicanti
tra di loro e contengono la fame e i bisogni del mondo. Quello grande è pieno,
stracolmo. Quello piccolo praticamente vuoto. E come accade in natura, due
contenitori comunicanti tra di loro tendono a pareggiare il livello dei propri
contenuti. Se la situazione rimarrà così non c’è niente da fare, il contenuto
del contenitore grande passerà in quello piccolo fino a riempirlo, e poi
tracimerà fuori. Quando tracimerà sarà giunta la fine dell’essere umano “anche
animale”, inizierà l’era dell’animale umano e sulla terra qualche altra specie,
sempre animale ma meno dotata di ben dell’intelletto, prenderà il comando degli
esseri viventi. E probabilmente questo nuovo ciclo durerà molto di più. Ha ragione Antonio Calabrò, quando dice che la pagheremo cara e senza sconti.
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