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sabato 31 ottobre 2009

Sulla nave di Cetraro


Navigando su internet in cerca di materiale per sostenere alcune mie "elucubrazioni" sull'argomento, mi sono imbattuto in questo articolo che praticamente dice esattamente quello che volevo dire io, pertanto lo copio integralmente, ringraziando l'autore Carlo Bertani per avermi risparmiato la fatica.

E se fosse l’Olandese Volante?

Gentile Ministro Prestigiacomo,
quella che può osservare nella fotografia, sarebbe il relitto scovato dalla nave oceanografica “Mare Oceano” al largo di Cetraro, in Calabria. Molto probabilmente lo è, perché la nave “Città di Catania” (all’epoca si apponeva sempre, prima, la locuzione “Città di”) fu affondata nel Marzo 1917 da un sommergibile tedesco – all’Ufficio Storico della Marina lo confermeranno di certo – e siamo dunque felici che la “Città di Catania” (proveniente dall’India e diretta a Napoli) sia stata finalmente ritrovata.
Siamo un po’ più freddi, invece, al riguardo della “cessata emergenza” diramata ai quattro venti poiché – a nostro avviso – la conclusione ci sembra cozzare contro le più elementari regole della logica. Soprattutto della logica delle costruzioni navali.
Partiamo dall’inizio.

La presunta “nave dei veleni”, individuata dalla ricerca finanziata dapprima dalla Regione Calabria, doveva essere la Kunsky (che risultava, invece, demolita in Oriente ma, sulle pratiche di demolizione in quelle aree, meglio non fare troppo affidamento) ed invece si scopre che è un relitto italiano risalente alla Prima Guerra Mondiale. Le vendite di pesce sono crollate dell’80%, ed è dunque un bel sollievo sapere che si tratta di un innocente piroscafo italiano.
Ci sono, però, alcune discrepanze fra le due descrizioni, che saltano agli occhi.
Nelle risultanze pubblicate sui primi rilevamenti – quelli ordinati dalla Regione Calabria – si dice che:

E' lei. E' la nave descritta dal pentito di mafia Francesco Fonti. E' come e dove lui aveva indicato. Sotto cinquecento metri di acqua, lunga da 110 a 120 metri e larga una ventina, con un grosso squarcio a prua dal quale fuoriesce un fusto. Si trova venti miglia al largo di Cetraro (Cosenza). I fusti sarebbero 120, tutti pieni di rifiuti tossici[1].

Ci sono dei fusti. Fusti in metallo, ovviamente. Peccato, Ministro Prestigiacomo, che lo stivaggio di materiali in fusti metallici non fosse assolutamente in uso agli inizi del ‘900: all’epoca, tutto veniva stivato in barili di legno, tanto che le tabelle d’armamento, almeno fino alla Seconda Guerra Mondiale, prevedevano che a bordo vi fosse almeno un mastro bottaio con alcuni aiutanti. Controlli, la prego.
Ci sono dei fusti nei pressi della “Città di Catania”? Approfondisca.

Altro capitolo che non ci convince riguarda le dichiarazioni della “Grande Silenziosa”, la Regia Mar…pardon, oggi Marina Militare Italiana:

Di certo i misteri che hanno sempre avvolto questa vicenda non lasciano sperare bene. Come aveva già confermato la Marina Militare, nella zona – siamo a venti miglia al largo di Cetraro (CS) – non ci sono relitti bellici né della prima né della seconda guerra mondiale.[2]

Ohibò, vuoi vedere che alla gloriosa Marina Italiana era sfuggita la povera “Città di Catania”? Oppure qualcuno se n’era scordato? Per di più: una nave che porta il nome della sua città natale…
Insomma: furono oppure no affondate navi, per eventi bellici, nel mare di Cetraro? Controlli, la prego: se desidera, posso inviarle i riferimenti dell’Ufficio Storico della Marina, ma sono certo che lei già li possiede.

Se il mistero dei fusti e dei barili, più le incertezze della Marina, ancora non la convincono, le sottoponiamo la relazione stesa durante i primi rilevamenti:

L’epoca della costruzione della nave affondata, secondo quanto emerso dai primi rilievi, risalirebbe agli anni `60-´70. Secondo quanto riferito dal procuratore Bruno Giordano, infatti, non sarebbe visibile la bullonatura, il che indurrebbe a pensare che sia stata costruita in quegli anni. Il relitto è coperto da numerose reti da pesca[3].

Non vorremmo tediarla con inutili dissertazioni sulle costruzioni navali, ma vorremmo ricordarle – questa è Storia, non invenzioni – che le prime navi a non avere bulloni per collegare le lamiere alle ordinate furono le corazzate “tascabili” tedesche della classe Admiral Graf von Spee (più precisamente, Admiral Graf von Spee, Admiral Scheer e Deutschland, poi Lützow), le quali – dovendo sottostare ai limiti imposti dalle Conferenze Navali di Londra e Washington – non potevano dislocare più di 10.000 tonnellate.
I tedeschi, per risparmiare il peso dei bulloni, “inventarono” la saldatura della lamiere alle ordinate, il che consentì di costruire navi con cannoni di maggior calibro (280 mm) al posto dei 203 mm dei “classici” incrociatori pesanti da 10.000 tonnellate.
Tutto questo, per dirle che – come afferma il Procuratore di Paola – se la nave in questione non ha bulloni nello scafo, non può essere la “Città di Catania” (varata nel 1906, quando si “bullonava” sempre, da non confondere con l’omonima nave affondata in Adriatico durante il secondo conflitto mondiale), ma un’altra. Che la Kunsky sia solo un poco più in là? Perché chiudere così frettolosamente le indagini? “Caso chiuso”: così in fretta?

Rimane il mistero del Cesio 137 ritrovato nei molluschi[4], proprio in quel mare: siccome il Cesio 137 non si trova in natura, chi ce lo avrà messo? Lei ha un’idea? Che siano stati gli iraniani?

Le ricordo, infine, che le precedenti rilevazioni stabilirono che – nel mare di Cetraro – il SONAR aveva individuato ben sette “macchie scure”, che non indicano necessariamente una nave, ma che forniscono alte probabilità che lo siano.
Ciò che insospettisce, è che la notizia fu pubblicata da AdnKronos e – proprio mentre scrivevo questo articolo – è sparita! Sì, ritirata dal circuito!
Credo che, anche per lei, la cosa risulterà assai strana.
Non vorremmo che, per correre dietro all’urgenza economica di garantire la pesca, per ovviare alle proteste dei pescatori e per tacitare chi fa “allarmismo”, aveste semplicemente scambiato una nave per un’altra. Capita. In fin dei conti, quel che conta è la verità mediatica: il resto…

Provi a rifletterci un poco; se mai, chieda lumi a Bertolaso ed alla Marina: vedrà che – con un poco di calma e di riflessione – tutto si chiarirà. Come sempre, in Italia.

[1] Fonte: http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/cronaca/nave-veleni/trovata/trovata.html
[2] Ibidem.
[3] Fonte: Il Secolo XIX – 12 Settembre 2009.
[4] Fonte: http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/cronaca/nave-veleni/risultato-indagini/risultato-indagini.html

da : http://carlobertani.blogspot.com/2009/10/e-se-fosse-lolandese-volante.html

venerdì 30 ottobre 2009

Ma a che ci serve Reggio capoluogo?


Ritengo che Reggio Calabria non abbia bisogno di alcun titolo nobiliare o di pennacchio. Reggio capoluogo è una vecchia rivendicazione ormai superata dai fatti, giusta ai tempi della spoliazione, ma inutile, anzi dannosa nella realtà attuale. Reggio Calabria sta vivendo una rinascita di dimensioni epocali; attualmente è riconosciuta unanimemente come la città più bella e viva della Calabria, ospita eventi sportivi, politici, culturali di carattere internazionale; ha bisogno di ulteriore visibilità per continuare nel processo di evoluzione. Una visibilità che non deve essere negativa, logicamente, che non si può concretizzare in stupide rivendicazioni (scusate il termine, è riferito al concetto e non a chi lo sostiene) e conseguenti polemiche dannose per tutti. Il vecchio concetto di avere più potere perché “ci sono gli uffici” è superato ed è proprio Reggio la prova di ciò: è la città che più di tutte in Calabria si è sviluppata sotto tutti i punti di vista, grazie non agli uffici pubblici (che non ci sono) ma allo sfruttamento delle sue bellezze naturali ed all’ingegno dei coraggiosi che vi hanno investito le proprie risorse, intellettuali ed economiche. Non sprechiamo quello che è stato fatto fino ad oggi: c’è ancora tanto da fare, anche da parte dei semplici cittadini, utilizziamo le nostre energie per progredire. Progredire è anche e soprattutto:
È voglia di rinascere tutti assieme con proposte e progetti…
È segnalare i disagi che viviamo e che continuano a perdurare nei secoli dei secoli…
È PRETENDERE una classe politica capace ed efficace…
È non sostenere chi ha poca nobiltà nel proprio curriculum giudiziario e non votarlo…
È non candidarsi per una rappresentanza negli enti locali (circoscrizione, comune, provincia) solo perché lavoriamo a TO e così potremmo rientrare a Reggio….
È condurre campagne di sensibilizzazione sul vivere civile…
È “non vogliamo solo il titolo di città metropolitana, ma anche mezzi per esserlo davvero”…
È un “urlo” contro Trenitalia che vuol tagliarci fuori…
È un “urlo” contro Poste Italiane perché il Competence Center avrebbero dovuto portarlo qui…
È un “urlo” contro i reggini che non rispettano il codice della strada…
È un “urlo” contro i reggini che portano a spasso il cane sprovvisti di paletta e busta…
È un “urlo” contro chi insudicia monumenti e muri con graffiti che ben poco sanno di arte…
È rispettare la fila…
È non rivolgerci all’amico per arrivare prima scavalcando magari chi ha serie difficoltà, ma non santi in Paradiso…
È invitare i “gommisti” a smaltire le gomme delle auto in maniera legale e non gettarle nei torrenti o negli angoli delle strade sol perché i costi di smaltimento sono elevati…
È invitare i reggini a chiamare la cooperativa ROM 95 qualora abbiano rifiuti ingombranti da gettar via…il servizio ha un costo irrisorio…
È sperare che non rubino le stelle di Natale che tra poco verranno poste in giro per la città in occasione delle festività natalizie…

(rubato da un post di Tanya Caridi tratto dal gruppo di Facebook “PER REGGIO CALABRIA CAPOLUOGO - NON MOLLIAMO)
In un paragone forse un po’ presuntuoso, ma che secondo me, fatte le dovute proporzioni ci può stare: non credo che Milano abbia bisogno di essere la capitale d’Italia per esserne comunque la città più importante.

mercoledì 28 ottobre 2009

Il gruppo reggino su Facebook. Ma chi è che fomenta gli animi?


Era troppo bello per essere vero! Al grande rammarico di avere visto crollare un “quasi mito” come Antonello Venditti a seguito delle infelici dichiarazioni contro la Calabria, ho visto contrapposta la gioia nel vedere che la nostra regione si è unita nello stigmatizzare e condannare ad una sola voce il comportamento del cantante. Adesso, scomparso il nemico comune, devo assistere ad una riedizione (di pessimo livello, devo dire) delle polemiche che tanti anni fa sono intercorse tra le città di Reggio Calabria e di Catanzaro sull’assegnazione del titolo di capoluogo di regione. Il sindaco di Catanzaro signor Rosario Olivo è giunto al punto di chiedere al Ministro dell’Interno l’oscuramento di un gruppo su Facebook che ha come denominazione: “Per Reggio Capoluogo – Non molliamo!”, motivandolo con argomentazioni pretestuose e infondate, come l’istigazione all’odio e alla violenza (d’altronde, senza motivazioni di questo tipo non avrebbe avuto senso rivolgersi al Ministro dell’interno). I comunicati stampa sull’argomento sono talmente stringati che non permettono di valutare a fondo il complesso ed articolato ragionamento (deve per forza essere così) che ha portato il signor Olivo a trarre le conclusioni che ha esternato al Ministro, e devo dire anche che alcuni aderenti al gruppo in questione ce ne hanno messo del loro per dargli appigli, precari si, ma sempre appigli. Sono a conoscenza dell’esistenza del gruppo su Facebook praticamente dalla sua fondazione, molti amici mi hanno invitato ad iscrivermi, e non l’ho mai fatto proprio a causa della sua denominazione, che troppo ricorda un antico motto da me a suo tempo condiviso ma che adesso ha un sapore anacronistico, e da l’impressione di volere riesumare rivendicazioni ormai fuori tempo e fuori luogo. Ed è fuori luogo anche la denominazione del gruppo, che lascia appunto intendere quello che in realtà non è, basta andare a leggere poi le argomentazioni di supporto allo slogan. Nessuna incitazione all’odio o alla violenza, ma quasi un urlo di dolore e di speranza per una Reggio migliore di quello che è stata e di quello che è. Legittime aspirazioni dei reggini, supportate da argomentazioni fondate e propositive per migliorare. Se però andiamo a leggere i commenti degli iscritti, troviamo purtroppo di tutto e di più, anche nel senso che il signor Olivo ha ritenuto di evidenziare; le esternazioni, diciamo inopportune, di pochi iscritti, non sono censurate dagli amministratori anche se gli stessi si dissociano puntualmente da tutto ciò che non è conforme allo spirito del gruppo. Fatto sta che gli “appigli” (precari, ripeto) per il signor Olivo rimangono ed a quelli ha fatto sicuramente riferimento per potere imbastire un minimo di (s)ragionamento che gli ha poi permesso di scrivere al Ministro. Tra l’altro in questo caso stiamo assistendo ad uno strano fenomeno: di solito è la cittadinanza che segnala alla politica un particolare fenomeno sgradito, chiedendone l’intervento, ma io non sono a conoscenza di movimenti di alcun tipo da parte dei cittadini catanzaresi contro il gruppo di Facebook nel periodo antecedente all’intervento del signor Olivo. Conoscendo la potenza di internet mi rifiuto di pensare che il gruppo era sconosciuto ai catanzaresi, che intrecciano amicizie con tutto il mondo su Facebook come dappertutto. L’azione del signor Olivo quindi potrebbe aver ottenuto il risultato contrario a quello dichiarato: avere aperto una polemica tra due cittadinanze su un argomento tra l’altro inesistente. Io spero di no, ma devo fare anche un’altra considerazione, “criptica” ma non tanto: in periodo di elezioni tutto fa brodo per raccogliere voti ed altrettanto si può dire per toglierli agli altri.

venerdì 23 ottobre 2009

Reggio, Scopelliti è ancora sul podio dei Sindaci più amati d'Italia.


Come ogni anno viene fuori questo sondaggio fantasma che guarda caso incorona più o meno sempre le stesse persone. Tralasciando la mia opinione sull'argomento specifico che non ha alcuna importanza, mi vorrei soffermare sulle modalità di svolgimento dell'inchiesta che sono a mio parere quanto meno misteriose. Più precisamente vorrei che qualcuno mi spiegasse come si fa a fare un sondaggio sui sindaci d'Italia intervistando 81000 persone: se la matematica non è un'opinione e se è vero che i comuni d'Italia (ed i sindaci, quindi) sono più di 8000, la media degli intervistati risulta meno di 10 a comune. Se poi il sondaggio si riferisce solo alle città capoluogo di provincia, la media sale a circa 1000. Facendo le opportune proporzioni (chiaramente Roma è una cosa e Campo Calabro un'altra) su Reggio Calabria le interviste saranno state al massimo 500. Superfluo evidenziare che 500 o anche 5000 cittadini non sono un campione attendibile per una città come Reggio Calabria con i suoi problemi e la vastità di territorio da gestire; ma la cosa che più di tutto mi da da pensare è che io non conosco nessuno, ma dico nessuno che sia mai stato intervistato sull'argomento, nè quest'anno nè negli anni precedenti. Misteri dell'informazione.

sabato 17 ottobre 2009

MA IL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA E’ VERAMENTE NECESSARIO? O MEGLIO, E’ VERAMENTE NECESSARIO ED URGENTE?


Premessa:

Il progetto attuale dell'opera è stato già appaltato per un costo di circa 3,88 miliardi di Euro. Esso prevede il collegamento stabile tra Cannitello in Calabria e Ganzirri in Sicilia mediante la realizzazione di un ponte sospeso con sei corsie di traffico stradale e due binari di traffico ferroviario di 3.666 m di lunghezza complessiva. La campata centrale del ponte misurerebbe 3.300 m e i due piloni alti 398 m (376 m s.l.m.) posti sulle sponde in una zona sismica supererebbero il record mondiale attuale di altezza detenuto dal Viadotto di Millau in Francia con 341 metri. L'impalcato del ponte sarà sospeso a quattro cavi d'acciaio del diametro di 1,24 metri e della lunghezza di 5.300 metri. Il progetto prevede che l'opera resista senza danni strutturali a sollecitazioni sismiche fino a magnitudo 7,1 (esattamente pari a quello del Terremoto di Messina del 1908). Gli abbassamenti verticali dell'impalcato nella condizione più sfavorevole ( quattro treni simultaneamente presenti sul ponte) sono stati calcolati in 15 m (a un quarto della luce) e un concomitante innalzamento di 7 m ai tre quarti della luce, con dislivello verticale totale di 22 m pari a 1/150 della luce e corrispondenti pendenze longitudinali del 2%. La capacità di smaltimento del traffico è stata calcolata in circa 6.000 - 9.000 automezzi all'ora e 200 treni al giorno. I lavori per la costruzione del ponte includono, ovviamente, la realizzazione di collegamenti con le esistenti strutture viarie e ferroviarie, ovvero l'Autostrada Salerno-Reggio Calabria, la Messina-Catania, la Messina-Palermo e la ferrovia ad Alta Capacità che dovrebbe collegare in futuro Napoli e Reggio C. con un prolungamento fino a Palermo. L'opera, se realizzata secondo il progetto attuale, supererebbe di gran lunga tutti i record mondiali per i ponti sospesi, infatti il record attuale (2008) per la maggiore luce libera scavalcata spetta al ponte sospeso a tre luci giapponese di Akashi-Kaikyō. Esso è un ponte stradale a tre corsie per ogni senso di marcia; la sede ferroviaria, inizialmente prevista, fu abolita in fase di costruzione perché la lunga campata soffre di oscillazioni sotto la forza del vento trasversale e non c'è sicurezza sufficiente per i binari (problema del galloping): altezza di 283 m, lunghezza 3.911 m con una campata centrale di 1.991m (pari al 60,33% di quella prevista per il ponte di Messina). Il record mondiale attuale della maggiore luce libera scavalcata per un ponte stradale e ferroviario spetta invece al ponte sospeso cinese Tsing Ma Bridge, in Hong Kong, che scavalca una luce centrale di 1.377 metri (pari al 42% di quella prevista per il ponte di Messina), con piloni alti 206 metri. Esso è il settimo ponte sospeso per luce libera del mondo ma è il primo capace di sopportare sei corsie di traffico stradale e due binari di traffico ferroviario. La campata record del ponte italiano supererebbe quindi del 65,74% la più lunga luce, solo stradale, mai realizzata finora, mentre rispetto al più grande ponte stradale e ferroviario fino ad ora realizzato essa comporterebbe un "salto tecnico" più che doppio.” (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.)
-Non ci sono dubbi sul fatto che l’opera rientri nelle capacità della nostra ingegneria. I dubbi che esistono e che non si possono ignorare sono sui tempi di realizzazione e soprattutto sulla reale utilità dell’opera. Per meglio dire sul reale miglioramento di “prestazione resa” dalla nuova infrastruttura rispetto all’attuale sistema di collegamento via mare. I tempi di realizzazione sono stati calcolati sicuramente in modo empirico, visto che non esistono precedenti paragonabili in materia. Le opere già realizzate che sono state prese ad esempio presentano più o meno il 50% di similitudine con il ponte sullo stretto, per dimensione e problematiche connesse al territorio; pertanto, essendo empirico il calcolo dei tempi, non può essere che empirico anche il calcolo dei costi di realizzazione. Il tempo come è noto influisce in modo essenziale sui costi di realizzazione di qualsiasi opera, ed in modo proporzionale alla grandezza dell’opera stessa. Ragionando sul miglioramento di prestazione resa dal ponte rispetto al collegamento navale, ritengo che i dati sopra esposti parlino da soli: capacità di smaltimento del traffico di 6000/9000 veicoli l’ora vuol dire al minimo 120.000 veicoli al giorno, calcolando 6000 veicoli l’ora per 20 ore considerando una chiusura media di 4 ore al giorno per vari motivi. Considerando due passeggeri a veicolo (più della metà dovrebbero essere Tir e simili) dovrebbero transitare al giorno sulla sede stradale del ponte 240.000 persone e 120.000 veicoli. Questo prendendo ad esempio i valori minimi dei dati tecnici; in caso di aumento di afflusso il ponte sarebbe in grado di aumentare del 50% la propria capacità passando da 6000 a 9000 veicoli/ora. Considerando che i pendolari tra Reggio Calabria e Messina sarebbero penalizzati rispetto ad un ottimale collegamento navale perché si troverebbero a dover percorrere circa 50 KM in macchina (a bassa velocità) per andare da una città all’altra, che inoltre per gli spostamenti nord/sud e viceversa molti utilizzano la nave (Genova – Palermo) o l’aereo e continueranno a farlo per vari motivi, e che quindi molto probabilmente la nuova struttura non apporterà un epocale aumento di traffico passeggeri come si vuole far credere, mi domando dove si troveranno tutti questi utenti che con il loro utilizzo del ponte faranno in modo che l’opera si riveli utile, quando dai dati attuali il flusso passeggeri risulta poco più del 10% rispetto a quello previsto. Assodato che la prestazione resa (teorica) aumenterebbe in modo enorme, vorrei capire come si pensa di fare aumentare la relativa richiesta. In altre parole, non si può pensare che, costruendo il ponte, improvvisamente la gente si metterà ad andare avanti e indietro tra Sicilia e continente senza un vero motivo. Altro problema non meno importante è quello delle infrastrutture collegate: non credo che le strade/autostrade che riceveranno questo enorme (ipotetico) flusso di mezzi saranno in grado di smaltirlo, visto che spesso non ce la fanno neanche ora con il 10% di transiti. Passando ai 200 treni previsti suppongo che si preveda un aumento dei treni merci rispetto ad oggi (anche se non vedo purtroppo i presupposti) visto che per i motivi già esposti escluderei un aumento di passeggeri. Dalla non ottimizzazione dei flussi di passeggeri previsti deriverà immancabilmente un deficit economico sui costi di manutenzione dell’opera, con conseguenti ulteriori spese a carico dello stato e quindi dei contribuenti. C’è chi sostiene che il ponte sullo stretto porterà vantaggi in termini di aumento di posti di lavoro: sono indiscutibili i vantaggi occupazionali per le popolazioni interessate derivanti dai cantieri che si apriranno, ma considerando che questi cantieri si dovranno pur chiudere un giorno non si può pensare che il forte decremento occupazionale che si avrà nel momento della chiusura dei cantieri potrà essere riassorbito dalle attuali realtà locali (tra l’altro se fosse come prevedono gli studi fatti, il ponte sarebbe pronto in 6/7 anni). Sarebbe più utile creare posti di lavoro per così dire più stabili, sviluppando il turismo sfruttando le bellezze naturali ed archeologiche delle regioni interessate, oltre che incrementando le attività produttive di tipo industriale ed imprenditoriale in genere. C’è chi asserisce che il ponte attrarrà anche turisti, ma anche questa affermazione mi lascia perplesso: chi vorrà mai “visitare” un ponte costruito nel 2010? Caso mai ne trarranno un vantaggio le compagnie di crociera che potranno inserire nei loro percorsi il passaggio sotto il ponte più grande del mondo, senza che per questo nelle regioni interessate resti un euro di guadagno. In definitiva, l’utilità del ponte sullo stretto è senz’altro subordinata ad una richiesta di mobilità di passeggeri e merci tra Sicilia e continente che attualmente non c’è e che non potrà mai esserci senza un aumento delle capacità produttive/occupazionali delle regioni interessate. Più logico al momento dunque, investire l’enorme disponibilità di denaro dichiarata da parte del governo nel potenziamento del collegamento navale, in infrastrutture a terra fortemente carenti in Calabria e Sicilia, ed in iniziative volte allo sviluppo turistico ed industriale delle regioni. Successivamente ad uno sviluppo vero di Sicilia e Calabria, si potrà apprezzare la reale necessità di un collegamento permanente tra Sicilia e continente.-

mercoledì 14 ottobre 2009

Scopelliti è andato a casa di Venditti. Ma non doveva essere il contrario?



Ormai siamo alla farsa: il sindaco di Reggio Calabria Scopelliti si è recato a casa di Antonello Venditti ed ha chiuso la polemica sulle parole offensive dette contro la Calabria. E' semplicemente nauseante il continuo strumentalizzare qualsiasi cosa sia utile a fare propaganda da parte dei politici: anche quest'argomento è stato scippato alla popolazione calabrese da parte della politica, che lo ha usato per fare campagna elettorale per le prossime elezioni regionali. Senza scomodare concetti ritenuti dai più superati quali onore, dignità, etc. mi soffermo solo sul punto del buon senso: ma di solito non è chi si scusa ad andare a trovare l'offeso? Sempre se veramente intende scusarsi, s'intende. Se invece è interesse dell'offeso chiudere l'argomento, allora di solito succede il contrario. Fermo restando che per me Scopelliti non aveva alcun mandato per chiudere la cosa, di chi era l'interesse, in questo caso? Votate e fate votare..........

lunedì 12 ottobre 2009

CARO DIACO, VENDITTI E' INDIFENDIBILE



Spettabile dottor Diaco
ho appena letto il Suo "messaggio d'amore" su Strill.it, che, Le premetto, ritengo sincero, ma ritengo anche che non sono chiari a Lei come a tanti altri i veri motivi che hanno fatto indignare me e penso la maggior parte dei calabresi che hanno reagito. Non so se conosce il poeta reggino Nicola Giunta. Tralascio i particolari della sua biografia che potrà approfondire, se vorrà, tramite internet. Nicola Giunta, grande fustigatore del popolo reggino, ha scritto parlando di Reggio Calabria, la sua città, questi versi:
- chistu è u paisi aundi si perdi tuttu
aundi i fissa sunnu megghiu i tia
u paisi i “m’incrisciu” e “mi ndi futtu”
e ogni cosa esti fissarla
e si ndi vo sapiri n’atra cchiù
chistu è u paisi i “scindi e falla tu”;
un paisi disgraziato:
né eu cuntentu né tu cunsulatu.
-
glieli traduco:
- questo è il paese dove si perde tutto
dove i fessi sono migliori di te
il paese di “mi scoccio” e “me ne fotto”
ed ogni cosa non è importante
e se ne vuoi sapere un’altra in più
questo è il paese di “scendi a farlo tu”;
un paese disgraziato:
né io contento, né tu consolato –
Nessun reggino si è mai sognato di criticare Nicola Giunta, anzi si è verificato l’esatto contrario; i suoi versi sono ancora oggi, tanti anni dopo la sua morte, recitati a memoria come insegnamento dagli anziani ai giovani. Nessun problema, quindi da parte dei reggini (e dei calabresi) ad essere criticati, ma da chi conosce veramente la materia; da chi vive qui da noi sempre e non solo per fare un concerto all’anno; e soprattutto da chi le cose ce le dice in faccia. Per giunta la critica è stata fatta in una regione “gemella” per problemi; perché parlare in Sicilia dei problemi della Calabria? Avrei capito di più (ma comunque non approvato) se il discorso fosse stato fatto in una regione messa meglio, la Lombardia o l’Emilia Romagna, dove avrebbe avuto un senso logico in un discorso più ampio prendere ad esempio tra le regioni del sud una a caso. Ma in Sicilia, dove i problemi che Venditti dice di aver voluto sollevare sono presenti in forma massiccia forse quanto in Calabria, che bisogno c’era di attraversare lo stretto? Le giustificazioni di Venditti, hanno poi contribuito a gettare benzina sul fuoco. Dice di essere stato frainteso; di solito succede quando i giornali riportano per iscritto quanto detto da qualcuno, e spesso i filmati aiutano poi a chiarire la cosa; in questo caso è successo il contrario, chiunque può sentire cosa ha detto Venditti, ed il contesto del discorso è chiaro. Non si tratta di frasi riportate. Poi dice che voleva dedicare la canzone/preghiera alla Calabria, e dal filmato si vede chiaramente che non è vero, che prima di parlare della Calabria l’aveva già dedicata alla Sicilia. Poi chiarisce che il filmato non era autorizzato. E che vuol dire? Per finire, tentando di spostare l’attenzione lascia intendere che ci sarebbe una manovra contro di lui, visto che il filmato è di più di un anno fa e guarda caso è venuto fuori ora; il filmato è su youtube almeno da ottobre 2008 (basta andare a vedere il canale “crotoniate”), semplicemente non era stato notato, neanche da Venditti o chi per lui voglio aggiungere, perché altrimenti si sarebbero affrettati a farlo togliere. Nessuna manovra, nessun complotto. L’opera (!) svolta fino ad oggi dal signor Venditti in Calabria non ha lo spessore tale da potere essere oggetto di complotti di alcun tipo. La tattica del far trascorrere il tempo per far dimenticare la cosa stavolta non funzionerà. Sicuramente tra poco la polemica si sgonfierà, ma il signor Venditti non sarà mai più gradito in Calabria, soprattutto perché dopo averla offesa (volutamente o no ha poca importanza) ha ritenuto di non dover chiedere scusa, ma anzi di rilanciare.
Cordiali saluti.
Pasqualino Placanica


la nota di DIACO su strill.it:

MESSAGGIO D'AMORE PER LA CALABRIA
"Dopo la mia partecipazione a “La Vita in Diretta” sulla questione Venditti/Calabria, ho ricevuto migliaia di email. Molti messaggi sono di sostegno ed apprezzamento per le cose che ho sostenuto su Raiuno, altre email sono molto critiche e, a tratti, feroci. Mi spiace constatare che su Fb sono nati gruppi dichiaratamente contro la mia persona: accetto e ascolto, da sempre, tutte le critiche e le riserve sul mio conto. Ma l’odio e la malafede non riesco a digerirle: amo la Calabria, conosco le sue bellezze e la sua cultura e vanto molti amici che in questa terra combattono tutti i giorni per migliorare la loro qualità della vita, a dispetto di tutti gli altri (la minoranza) che militano nella illegalità e nella violenza gratuita. La scorsa settimana ho tenuto la presentazione di un libro a Lamezia Terme e ho conosciuto un gruppo di lavoro straordinario con cui sono rimasto in contatto. L’Italia è già attraversata fin troppo dall’odio e dal rancore, non c’è davvero bisogno di alimentare polemiche (quella su Venditti) e sollevare sterili questioni. La Calabria, così come tutte le altre regioni italiane, ha le sue qualità, i suoi uomini e le sue donne migliori, la sua cultura, la sua bellezza, i suoi sentimenti. E, come molte altre regioni del Sud come del Nord, ha i suoi problemi, spesso radicati nel tempo. Credo che sia compito di noi tutti suggerire delle vie d’uscita e confrontarci senza mai giudicare le opinioni di chi la pensa diversamente. Perdonatemi se ho sentito la necessità di scrivere queste righe, ma amo dialogare con tutti senza pregiudizio alcuno e non mi sottraggo mai al confronto. Mi scuso se non sono riuscito a rispondere a tutte le email ricevute e spero di poterlo fare nei prossimi giorni. W la Calabria!"

domenica 11 ottobre 2009

In Calabria c'è cultura.


Vorrei dire la mia opinione su alcuni punti della polemica in corso tra la Calabria intera da un lato ed Antonello Venditti e i (pochi) suoi difensori. Premesso che le parole dette da Venditti sulla Calabria sono assolutamente chiare e che nel filmato sono precedute e seguite da diversi secondi di ulteriore discussione, tali da potere chiaramente inquadrarne il contesto a differenza di quanto vorrebbe fare credere arrampicandosi sugli specchi il signor Venditti, egli ha esternato una sua (non richiesta) opinione su un'intera regione. Non si capisce (o si capisce troppo bene) perché Venditti a un certo punto, mentre parlava della situazione siciliana, è passato a parlare (male) della Calabria. “In Calabria non c’è niente”. Che vuol dire? Cosa intende l’intellettuale Venditti con "niente"? Cos’è che lo porta a fare le sue qualificate affermazioni? I problemi che ha la Calabria (riconosciuti anche e soprattutto dai calabresi) sono la disoccupazione, lo scempio del territorio, la corruzione, la ndrangheta, la sanità, le comunicazioni, etc. etc.. Gli stessi di Sicilia, Campania, Puglia, Basilicata. Se volesse riguadagnare un minimo, ma proprio minimo di credibilità, il signor Venditti dovrebbe almeno raccontare i fatti che lo hanno portato a dire quello che ha detto. Alle sue parole, dette per ottenere in quel momento un consenso che gli serviva per andare avanti nel monologo, non ha appoggiato un concetto sensato che sia uno, non ha raccontato una sua esperienza personale che possa averlo indotto a conclusioni di quel tipo. Si è limitato a citare un non meglio identificato ragazzo che “gli ha confidato....”. Comunque il punto principale secondo me non è ciò che ha affermato, poiché non ha fatto altro che ripetere quanto altri “illuminati” come lui hanno già detto (da tenere presente che in giro si sente dire la stessa cosa anche di altre regioni ritenute, per così dire, sottosviluppate). La cosa che ha dato "fastidio" (lo dico con un eufemismo) è che il signor Venditti, nonostante la sua opinione chiaramente esposta, ha ritenuto di venire in Calabria successivamente alle sue esternazioni ad ususfruire del “niente” e della “mancanza di cultura” effettuando concerti, incassando applausi e compensi, e soprattutto recitando (false) attestazioni di affetto verso la Calabria ed i calabresi. Non è che di colpo ci siamo accorti che in Italia c’è una piccolissima minoranza di cerebrolesi che ritengono come concetto assoluto la Calabria (ed altre regioni) una specie di ghetto di derelitti, ignoranti e delinquenti; lo sapevamo già, lo sapeva ogni calabrese ed ogni meridionale che ha girato l’Italia. Non può essere che le parole di Venditti ci abbiano detto qualcosa di inaudito: il problema è che sono state dette da chi non ce lo aspettavamo. Da un traditore che è venuto fino a casa nostra a prenderci in giro, ad usufruire della nostra proverbiale ospitalità, e a lavorare guadagnando profumatamente in una terra dove di lavoro purtroppo non ce n’è molto. Per quanto riguarda coloro che ritengono esagerate le reazioni, evidentemente non si rendono conto che quando si offendono due milioni di persone, poi è normale che ci siano due milioni di reazioni; ognuno di noi ha il diritto di dire la sua su un argomento che ha aperto il signor Venditti, l’onda durerà ancora molto tempo. Il fatto che le reazioni non siano da ignoranti, e che per questo facciano molto male, dovrebbe far riflettere il signor Venditti sul livello culturale dei calabresi. Non ci interessa rivendicare il passato, Pitagora, la Magna Grecia, sarebbe come dire che se il padre ha dieci lauree il figlio non ha bisogno di andare a scuola per sapere. Non è così. I calabresi hanno la loro cultura intesa come tradizioni e storia, ma sono anche presenti oggi a livello mondiale in tutti i campi della scienza e della cultura in generale, oltre a contribuire con il semplice onesto lavoro alle ordinarie necessità della nostra società.