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"passo la vita fuggendo dalla mia ignoranza"
NON CAPISCO...E NON MI ADEGUO!!!
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mercoledì 8 novembre 2017

Lettera ad un Amico mai stato.


(Fantasia portami via) 

Caro amico ti scrivo, perché non avevo niente da fare…
Lucio Dalla e Luigi Tenco probabilmente si rigirerebbero nella tomba se sapessero, solo che l’assemblaggio dei due concetti rende perfettamente l’idea. Mi perdoneranno, spero.
Come sai sono da mesi a terra,  relegato disarmato dentro un fortino di cemento (forse è anche armato, il cemento) senza un preciso incarico, a rigirarmi i pollici per buona parte della giornata. Dovrei difenderlo mi dicono, mi dicono anche che il nemico verrà, ma non mi danno alcuna indicazione. Non so quando, da dove, che aspetto avrà… boh!
Stare per buona parte della giornata da solo ad aspettare un nemico che forse nemmeno esiste o che non sembra avere alcun interesse per il mio fortino, e passare poi il tempo rimanente tra i miei compagni di sventura che, ahimè! trovano dilettevole disperarsi e recriminare sul proprio destino di soldati senza tempo e senza futuro, mi comprime, mi deprime, mi opprime.  Capirai perciò perché, se non posso evitare per ovvi motivi il mio lungo turno di guardia sotto il sole aspettando chi non verrà mai, eviti se non altro d’intrattenermi con gli altri, al fine di non aggravare la mia condizione di precario equilibrio in bilico tra una folle saggezza ed una saggia follia. Tutto ciò mi ha dato, mi dà motivo e occasione per riflettere su altro.
Argomenti dapprima a caso, poi sempre più definiti, fino a giungere all’individuazione di quelli più importanti, o forse solo quelli che a causa del delirio indotto dai lunghi periodi di guardia sulle mura del fortino, fissando l’orizzonte esposto al sole e spesso senza un goccio d’acqua o qualsiasi altro genere di ristoro, come tali mi appaiono.
E, caro amico, tra quegli argomenti, quello che costantemente mi si presenta, che al momento mi sembra urgente e necessario da trattare, è proprio la nostra cosiddetta amicizia.
Un giorno, dovresti ricordare, ti confidai di avere una mia personale idea dell’amicizia; ti dissi (è un concetto che ho ben elaborato) che le vere amicizie sono quelle disinteressate. Su questo sono certo di ottenere l’assenso di molti. Ma la mia riflessione non si ferma certamente all’ovvio, si completa con una (mia) certezza: accettando comunque le eccezioni che in natura si presentano sempre, le uniche amicizie veramente disinteressate sono quelle contratte nell’infanzia, nell’adolescenza, in prima gioventù. Quelle, insomma, che scaturiscono da simpatia istintiva e non da motivi di opportunità o necessità. Sono quelle che non hanno e non avranno mai bisogno di essere messe alla prova, che dureranno per sempre anche senza essere coltivate. Sono le amicizie “sempreverdi”. Ciò non esclude naturalmente che anche altri incontri in età più matura, possano alla fine portare alla nascita di amicizie “sempreverdi”. Raramente mi sono sbagliato nello stimare e valutare altri, non certo nel valore complessivo, che sarebbe estremamente presuntuoso da parte mia, ma nel peso da attribuire al rapporto sociale da costruire ed eventualmente mantenere. Perché per me per definire un amico non contano pregi e difetti, bensì ciò che da essi scaturisce alla fine in forma di rapporto con l’altro. Quando te ne parlai, se lo ricordi, lo feci proprio per elevare la nostra amicizia al rango di eccezione che conferma la regola. Perché in effetti questo mi sembrava che fosse. Anzi, ne ero certo. Io.
Per questo mi imbarcai con te sulla nave di cui tu eri l’indiscusso capitano, senza ambizioni né pretese, disponibile a partecipare a qualsiasi impresa o anche solo stare a guardare. L’unica pretesa, ecco una in realtà c’era, legittima credo, quella di venire informato al momento giusto. Al momento che TU, in relazione all’importanza che attribuivi alla nostra amicizia, avresti individuato. Ingenuamente pensavo di essere almeno un gradino più in alto del normale pubblico, quello che assiste allo spettacolo seduto in platea.  E però mi sbagliavo. 
Non avevo tenuto conto del tempo. Quello passato, che non si può cancellare; che se non è comune ad entrambi può incidere in maniera devastante anche dove in realtà non dovrebbe. Ma attenzione! ... purché glielo si lasci fare. E qui dovrebbe intervenire lo spirito dell’amicizia “sempreverde”, a far sì che uno dei due si adegui all’altro. Ma secondo me, caro amico, accettare le decisioni di un altro non vuol dire stare zitto o magari incoraggiarlo a prescindere.  Non è quello che IO mi aspetterei da un amico per come intendo l’amicizia.
Ed evidentemente su questo non siamo d’accordo.
Così ho assistito, a cose fatte, all’inversione di rotta della tua nave. Non è il massimo ma ancora ci può stare. Certo mi avrebbe fatto piacere conoscerne almeno i veri motivi, alla fine.
Poi ho saputo da un amico comune che era imminente una nuova avventura, ed il fatto strano è che quell'amico parlandomene non credeva di informarmi, bensì di approfondire tramite me l’argomento. Io, che non sapevo né immaginavo alcunché, nell’immaginario collettivo di quello che è il piccolo mondo in cui viviamo sarei depositario di segreti e confidenze da parte tua.  Ma anche questo, preso singolarmente, non avrebbe alcuna importanza.
Ciò che mi ha profondamente ferito, caro amico, è la tua assenza, o se preferisci la tua presenza fittizia, nel momento in cui avresti dovuto pensare che forse avevo bisogno di un segno di vicinanza che, perdonami, non si può concretizzare con una semplice missiva di poche righe e il rinvio ad un successivo incontro che non c’è mai stato, specie se a quella missiva qualche giorno dopo se ne aggiunge un’altra, con la quale come se nulla fosse mi chiedi di partecipare all’ennesima tua avventura a sorpresa (per me dico). Inutile rammentarti, amico mio, che ho subito ottemperato alla tua richiesta nella misura che le mie possibilità del momento e le mie modeste doti mi hanno permesso. Ho pensato, allora, che eri talmente preso dall’entusiasmo che non ti rendevi conto che forse prima di chiedermi di combattere avresti dovuto chiedermi se ne avessi la forza.
Comunque non fa niente. Adesso va tutto bene e se non fosse che non avevo niente da fare probabilmente non avrei mai impegnato tempo e fatica a scrivere queste righe, che alla fine lasciano il tempo che trovano.
Si tratta, in definitiva, solo ed esclusivamente di ridimensionare un valore. Tocca a me farlo, sono io quello insoddisfatto. Così ho colto l’occasione. 
Torno al mio fortino, domani sarò nuovamente di guardia. E poi, durante il meritato riposo, mi occuperò di qualche altro fantasma o demone da esorcizzare; ce ne sono tanti, sai, basta avere il tempo di individuarli.
Sempre che nel frattempo il nemico non attacchi.
Un abbraccio sincero.

Billy B.

domenica 24 settembre 2017

L'AVR crea disservizi e poi invita i cittadini a provvedere.


Nel mio quartiere, ma credo che il disguido sia stato dappertutto in città, i mastelli della carta pieni non sono stati svuotati né il venerdì 22 settembre, giorno dedicato, né il giorno successivo, sabato. Naturalmente come hanno fatto tutti ho lasciato il mastello fuori, pensando che, anche in considerazione del fatto che la raccolta della carta è quindicinale, l'AVR avrebbe ottemperato durante la notte del sabato o comunque in tempi brevi. Oggi, domenica mattina, la città è sotto la pioggia insieme ai mastelli della carta, molti dei quali sono talmente pieni da non poter essere chiusi per bene. Ho pensato di farlo presente all'AVR tramite la pagina Facebook "DifferenziAMOla Reggio Calabria" inviando un messaggio, cosa che avevo già fatto qualche giorno prima per la raccolta del multimateriale ottenendo sia la risposta che successivo riscontro alla risposta.
Questa volta, però, lo scambio di battute che ho avuto con l'operatore/operatrice dell'AVR tramite la pagina dedicata su Facebook è a dir poco surreale. Sono stato invitato a prendere il mastello pieno di carta inzuppata d'acqua e andare in cerca di un cassonetto in strada per svuotarlo, tra l'altro in un orario in cui è vietato conferire rifiuti. La prossima raccolta di carta è prevista per il 6 ottobre.
Quando è scaduto il termine per il pagamento del conguaglio TARI? Ah, il 20 settembre scorso...
Aggiornamento: a seguito del mio post c'è stato un ulteriore scambio di battute con contestuali scuse da parte dell'AVR.

sabato 12 agosto 2017

Questione di rispetto.



È la storia di Gaetano Saffioti, un imprenditore di Palmi che si è ribellato alle angherie impostegli dalla ‘ndrangheta ed ha denunciato i suoi aguzzini. La storia di un Uomo che rifiuta l’appellativo di “eroe” e che a motivazione del suo gesto dice di avere semplicemente deciso di vivere e morire da uomo libero. È vero, l’atto di eroismo di solito è istantaneo, spesso istintivo e a volte anche fortunato. Non è il caso di Gaetano Saffioti; nelle pagine che vi invito a leggere troverete un uomo normale. Un lavoratore figlio di lavoratori che fin da bambino ha avuto a che fare, dapprima inconsapevolmente e poi, dopo la morte del padre, in prima persona, con quel maledetto cancro che è la ‘ndrangheta, che da secoli devasta questa terra che qualcuno ha definito “benedetta da Dio” ma, dico io, è sicuramente maltrattata dagli uomini.  Un uomo normale che però, dopo aver subito per anni soprusi e vessazioni di tutti i tipi, umiliazioni che avrebbero stroncato chiunque, anziché crollare definitivamente ha avuto la forza e la determinazione di riaffermare la sua condizione iniziale di uomo onesto, nato, come tutti gli uomini, con la dignità che nessuno avrebbe potuto togliergli a meno che lui stesso non fosse stato accondiscendente. Lui non ha accondisceso. Non è un eroe, Gaetano Saffioti, perché la sua vicenda non si svolge in un un’ora, un giorno o in un mese. Inizia, lo dice lui stesso, quando aveva otto anni, e dura ancora adesso; dentro questa storia angoscia, speranza, certezze e dubbi, soddisfazioni e delusioni si alternano continuamente. Un eroe non avrebbe resistito tanto. Non è un eroe, ma non è un uomo qualunque. È un Uomo che ha deciso di non subire, un esempio per tanti. Ma attenzione, aspettarsi che “chiunque” si trovi nelle condizioni in cui si è trovato lui possa reagire nello stesso modo, d’iniziativa o seguendo il suo esempio, è cosa ingenua. 
La sapiente penna di Giuseppe Baldessarro segue uno schema narrativo che a mio parere rende gradevole la lettura, lasciando spesso che l’Uomo si racconti con dei flashback mentre è in attesa di deporre mettendo a nudo e trasmettendo al lettore i sentimenti che prova di volta in volta. E non manca la componente giornalistica peculiare dell’autore, affermato professionista profondo conoscitore delle dinamiche  che regolano il mondo in cui si svolge la vicenda. Quando ho iniziato a leggere il libro lo sapevo già. Sentivo che mi avrebbe sconvolto leggere la storia di Gaetano Saffioti. Ma alla fine della lettura è subentrato un senso di soddisfazione che non saprei meglio definire. Adesso sento che mi manca una cosa sola, vorrei conoscere il protagonista.

“Questione di rispetto”, di Giuseppe Baldessarro, editore Rubettino. €14


giovedì 13 aprile 2017

Torna il basolato lavico. Ma non è una vittoria.

No signor Sindaco, non si tratta di una vittoria. La vicenda della pavimentazione del Corso Garibaldi è l’ennesima dimostrazione di quanto poco (o niente) sia viva l’attenzione della Sua amministrazione verso le necessità e le aspettative dei cittadini. 
Per anni abbiamo protestato, opponendoci allo smantellamento dell’antico basolato. 
Per anni abbiamo manifestato dissenso verso il progetto di rifacimento. 
Abbiamo sostenuto che le basole deteriorate si potevano recuperare in grandissima parte, e che sarebbe bastato poi, una volta individuata la quantità necessaria per integrare quelle irrecuperabili, commissionare quelle mancanti per integrare la pavimentazione mantenendo l’antico aspetto. Ma niente, la Sua amministrazione è andata avanti imperturbabile, sostenendo la bontà dell'azione intrapresa e che comunque i costi per il recupero della pietra lavica sarebbero stati insostenibili,  permettendo la posa di materiale che, al di là della pessima estetica e praticità d’uso, è palesemente di qualità nettamente inferiore a quello storico. 
Adesso la assurda soluzione per sanare il danno fatto sarebbe quella di adattare il materiale di valore a quello nuovo già posato. Cioè mutilare la storia di questa città. Avremo un Corso-Arlecchino, pavimentato a tratti con colorazione diversa. "Ripizzatu".
E non si parli di “antico splendore”, per favore. La pietra è antica per natura, è la lavorazione che la rende poi particolare. Modificarne l’aspetto non fa altro che annullarne il pregio storico.
Una vergogna. Una vergogna che ancora una volta Reggio sia stata costretta, in questo caso per colpa Sua e della Sua amministrazione, a rivolgersi ad enti esterni alla città per ottenere una tardiva giustizia, che sia dovuto intervenire il Ministero per sancire ciò che semplici cittadini hanno da sempre sostenuto.  
Ma non è una novità, se per qualcuno può essere una consolazione. L’autolesionismo è una caratteristica di questa città: emblematica la storia relativa alla demolizione del Castello, con i suoi risvolti torbidi e nauseanti. Dall’unità d’Italia fino ai primi anni del 900 un nutrito gruppo di faccendieri locali, compresi alcuni importanti esponenti politici, fecero di tutto per avviare la distruzione dell’antico manufatto, alla fine lasciando in piedi solo le due torri aragonesi. Alla corsa ad accaparrarsi il materiale di risulta della demolizione partecipò finanche la Curia reggina che  immediatamente chiese ed ottenne la fornitura di un’imponente quantità di pietre del Castello per la costruzione del nuovo Duomo. Dalle carte esistenti risulta che a difendere il Castello fu il Governo di Roma, anche su sollecitazione di pochi illuminati cittadini, che lo proclamò addirittura monumento nazionale ma nulla poté contro la volontà distruttiva dei reggini. È storicamente provato che in parte la demolizione fu avventata e dettata da interessi personali economici; per nascondere la realtà la si volle attribuire all’odio dei reggini verso l’antico castello, derivante dalle atrocità che vi furono commesse durante le dominazioni spagnola e borbonica. Ignoranza, presunzione, cupidigia. "Stortìa", dico io.
Dappertutto le antiche testimonianze vengono mantenute, restaurate. Da noi no. Da noi si stravolgono. Trasversalmente. Non ci sono diversità di comportamento di carattere ideologico o politico o temporale. D’altronde dobbiamo prendere atto del fatto che le decisioni sono prese da chi opera perché eletto dal popolo. Chi ci amministra è espressione di ciò che siamo tutti noi e si comporta di conseguenza.
Non so se Lei, signor Sindaco, rimarrà con merito o demerito nella memoria storica dei cittadini. Le posso garantire però che io personalmente da tanto tempo le dedico un gentile pensiero ogni volta che percorro il Corso Garibaldi, specialmente quando cammino al centro della strada piacevolmente stimolato, attraverso la suola delle scarpe, dalla Sua tanto vantata lavorazione “a puntillo”. 
Benvenuti, reggini del 2000, nel plurisecolare club dei distruttori di storia.


Ho ricevuto, in data 19 aprile 2017, un commento anonimo su questo post. Si tratta di un commento critico che non pubblicherò solo ed esclusivamente perché anonimo. Non si tratta di censura ma al contrario di trasparenza. Se l'autore del commento vorrà identificarsi non avrò alcun problema a pubblicare la sua opinione. Potrà farlo tramite autenticazione su Google oppure anche in privato con una email all'indirizzo paplaca@alice.it o pasplaca@gmail.com firmandosi chiaramente. Naturalmente se lo chiederà il suo nome resterà anonimo al pubblico.  

mercoledì 22 marzo 2017

SPIKE CERCA(VA) UN'ADOZIONE DEL CUORE


Il tempo passa e SPIKE non ha ancora trovato una famiglia che possa accoglierlo. 
Non possiamo resistere ancora per molto, occorre trovargli urgentemente una collocazione degna. 
Attualmente è in stallo presso un’amica di mia figlia, ma non potrà rimanerci per molto tempo.
Entro venerdì 24 marzo dovremo spostarlo perché chi lo tiene attualmente mancherà per diverso tempo. 
E non abbiamo la minima idea di dove spostarlo. 

Non sappiamo più come fare. 
Noi non possiamo tenerlo, abbiamo altri due cani in casa e non abbiamo un giardino di esclusiva proprietà.
È un Amstaff di un anno e mezzo circa, che per giorni ha gironzolato vicino casa mia. All’inizio abbiamo creduto che si fosse smarrito e abbiamo cercato di rintracciarne i proprietari. Adesso ne sappiamo qualcosa in più: i suoi padroni non lo vogliono. 
Non sappiamo di chi sia, gironzolava qua intorno e noi gli abbiamo dato da mangiare per un po’ di tempo, poi è sparito. Ma se volete potete tenerlo voi!” 
Forse è meglio così. Un cane del genere ancora senza microchip ad un anno di età, poteva essere destinato solo ad attività illecite, probabilmente combattimenti tra cani. 
Ma è troppo buono, nessun segno di aggressività. È in ottima salute. 
La museruola è stata messa per precauzione.
Si è fatto prendere, mettere in macchina, portare dal veterinario. Si è fatto mettere le mani in bocca, ha visto altri cani senza mostrare segni di nervosismo. 
Non era adatto ai probabili fini criminali dei suoi ex-padroni. E non merita di pagare per la sua bontà, per non essere adatto a soddisfare le perversioni di gente indegna di esistere. 

Aiutateci a trovargli una collocazione degna.

Chi fosse seriamente (e ONESTAMENTE) interessato può contattarmi al 3286984419, oppure tramite email:  pasplaca@gmail.com. O anche sul mio profilo Facebook.


Aggiornamento: 
Spike ha trovato una bellissima famiglia che lo ha adottato e certamente saprà trattarlo degnamente. Grazie a tutti quelli che si sono interessati.