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giovedì 1 luglio 2010

SCOPELLITI GATTOPARDO DI CALABRIA

(da : IL FATTO, 25.6.2010)
di Enrico Fierro
Camicie nere, voti e ‘ndrangheta. Alla festa con i boss: il sistema di potere del Governatore.
Ha mille doti Giuseppe Scopelliti, ma una in particolare gli va riconosciuta: la capacità di apparire, ogni volta che si candida e chiede il voto ai calabresi, come il nuovo. Dal Tirreno allo Jonio, ci credono e lo votano. Fanno così da sempre, da quando, e correva l’anno 1992, al congresso di Rieti i ragazzi del MSI decisero il loro nuovo segretario nazionale attingendo alla città del Boia chi molla. E scelsero il giovane Giuseppe, classe 1966, una laurea in Economia e Commercio. La camicia nera durò poco, tre anni appena, fino all’elezione in Consiglio regionale. Primo degli eletti, la conquista di Presidente del Consiglio e poi assessorati di peso, Lavoro e formazione professionale, con la giunta Chiaravallotti. Uno dei governi più chiacchierati.
Poca cosa per il giovane Peppe che ha la straordinaria abilità di ripulirsi nelle fredde acque dello Stretto. Lui è il nuovo e come tale nel 2002 si presenta come candidato a sindaco della città di Reggio. Vince. Cinque anni dopo, nel 2007, stravince con il 70% dei voti. Si tratta di partire sena la squadra avversaria (morto Italo Falcomatà il centro sinistra è praticamente clandestino), ma passi. Lui vince e impone il modello Reggio. Opere pubbliche, città metropolitana, l’annuncio del Ponte, e tanti spettacoli. I pentiti di mafia e le carte dell’inchiesta “Meta” della procura antimafia reggina raccontano invece la storia di una “triade” di ‘ndrangheta che aveva in mano il sistema degli appalti pubblici anche al Comune. Il 25 febbraio del 2007, alla vigilia della rielezione di Scopellitti a sindaco, la ‘ndrangheta è entusiasta. “ora entriamo in politica” dice Cosimo Alavaro, pupillo di una famosa famiglia di Sinopoli, ora ricercato dalla procura antimafia reggina.”Forza zio Peppino, tra quindici giorni vedremo”.
“Non sapevo” è uno dei leit motiv di Peppe Scopelliti. Non sapeva che a quella festa per i cinquant’anni di matrimonio dei genitori di Mimmo Barbieri (uno degli arrestati dal blitz antimafia di mercoledì scorso) c’era il fiore delle ‘ndrine cittadine. Era il 15 ottobre del 2006. Scopelliti ignorava ancora cosa si nascondeva dietro le fortune economiche di Gioacchino Campolo, il re dei video poker e degli immobili, ne possiede tantissimi a Reggio, a Roma e a Parigi. L’uomo che nella campagna del 2007 gli concede in comodato d’uso gratuito il centralissimo Teatro Margherita. Ampi saloni, moquette e segretarie in tacchi a spillo e tailleur per la segreteria politica del sindaco.
Campolo, al quale sequestrano beni per 25 milioni di euro, viene arrestato due anni dopo quel gentile omaggio. “Ha realizzato un grosso patrimonio, in gran parte con la gestione monopolistica dei video giochi, che è tra l’altro uno dei canali privilegiati della criminalità organizzata per l’accumulo di capotali illeciti”, è il commento del procuratore Giuseppe Pignatone. Molti pentiti accusano il re dei videopoker di essere legati alla cosca De Stefano, una delle più antiche e potenti della città. Anche Antonino Fiume è un picciotto dei De Stefano. All’alba di un giorno di febbraio del 2002 Nino Fiume bussa alla Questura di Reggio e parla. Degli affari dei De Stefano, dei nuovi assetti mafiosi in città, delle imprese amiche e dei politici vicini.
“Massimo Labate mi aveva pregato di raccogliere qualche voto per un certo Francesco Marcianò, una persona sponsorizzata dall’avvocato Alberto Sarra. Io gli avevo detto che non voglio sapere niente di politica perché uscivo da un contesto, essendo amico di quello che oggi è il Sindaco Scopelliti”.
Amico? Lo conoscevo appena, replica il Sindaco. “Come tutti ragazzi di Reggio frequentavo la discoteca Papirus, e Nino Fiume lo ricordo perché era quei ragazzi che effettivamente ci salutavae c’era… magari si scambiava qualche battuta, ed era uno di quei ragazzi che frequentava la discoteca”, fa mettere a verbale il Sindaco.
Ma i picciotti di ‘ndrangheta raccontano un’altra storia. “Sopra il Sindaco c’è stato Fiume”, dice uno di loro in un’intercettazione. Un altro pentito, Giovanbattista Fragapane, killer dei De Stefano, nel 2004 si apre con il pm Mario Andrigo e parla dei rapporti politici della cosca. “Alle votazioni ai De Stefano interessava che se ne andava Falcomtà (sindaco di sinistra della città ndr). Sentivo sempre il nome di Scopelliti, di Caridi“. Antonio Caridi è entrato in Consiglio regionale con 11mila preferenze. Scopelliti non conosceva nemmeno Massimo Labate, l’ex poliziotto diventato consigliere comunale di An, poi arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa per i suoi rapporti con la cosca Libri.
Era considerato un suo fedelissimo, eppure l’ex Sindaco minimizza “Non aveva certo bisogno del mio sostegno per candidarsi, si presentò al partito e lo accettarono”. Tutte storie che non intaccano minimamente l’immagine del “nuovo” Peppe Scopelliti, che nel 2010 occupa la poltrona più ambita per un politico in Calabria, quella di Governatore della Regione. Il Pd è a pezzi, divorato da scandali e satrapie interne, e lui riesce nel miracolo: mettere assieme pezzi del vecchio mondo politico, ex socilisti, Udeur, Udc, consumati arnesi utili per tutte le stagioni. Il vecchio e il nuovo, con spezzoni della tormentata antimafia calabrese che addirittura si dicono entusiasti. Scopelliti viene eletto con un plebiscito.
Per la Calabria è iniziata una nuova era. Quella di sempre. E nel silenzio tombale di tutti. Neppure l’opposizione -Pd e Idv- ha ritenuto opportuno chiedere lumi sulle relazioni pericolose di Scopelliti.
Enrico Fierro

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