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lunedì 31 marzo 2014

Una favola per andare Dappertutto.


Bene, che cosa ci serve per raccontare una favola?
Per prima cosa abbiamo bisogno di sapere dove siamo . Ci serve una bussola; la bussola indica il nord, sapendo dov’è il nord sappiamo dove sono gli altri punti: sud, est, ovest. Se la usiamo sappiamo dove siamo, se la teniamo in tasca possiamo andare a Dappertutto. Dappertutto non vuol dire in qualsiasi posto. Dappertutto è un posto dove avvengono cose magiche. Non serve la bussola, per andare a Dappertutto. Poi ci serve qualcosa per sapere in che epoca viviamo; abbiamo un calendario. Il calendario serve a misurare i giorni, i mesi, gli anni, ci dice in che giorno, mese e anno siamo, e che giorno della settimana è: lunedì, martedì, mercoledì... ma non tutti funzionano solo al presente. I calendari normali forse, ma i calendari delle favole non sono così. I calendari delle favole possono portarci indietro nel tempo. Oppure, se li teniamo chiusi, ci possono portare in un luogo senza tempo, dove esistono le fate, i folletti, le creature magiche. Voi dove volete andare, indietro nel tempo, oppure in un luogo senza tempo, con le fate, i folletti ma attenzione, anche con le streghe cattive? ci potrebbero essere anche le streghe cattive e i draghi. Non vincono mai, le streghe cattive, ma ci provano lo stesso a fare del male alle principesse. I draghi muoiono sempre alla fine, ma prima si mangiano un bel po’ di cavalieri, e se gli capita anche qualche bambino, ma di quelli della favola, non certo voi.... a meno che non vogliate entrare anche voi nella favola. No, meglio di no....
Torniamo indietro nel tempo?
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Omar e il popolo nobile
Tanto tanto tempo fa la terra era un unico reame in cui i sudditi erano tutti nobili e ricchi: re, regine,  principi e principesse, duchi e baroni.  Era governata da un giovane povero, tanto povero che la sua casa era fatta di canne e fango. Si chiamava Omar.
Il Creatore aveva disposto, dopo avere creato la terra e gli uomini, che fossero tutti ricchi e non avessero bisogno di niente; solo uno, con la sua sposa, avrebbe dovuto soffrire per il bene degli altri. Per governarli doveva essere diverso da loro, quindi povero, ma in compenso gli aveva concesso la felicità del focolare domestico.
Così Omar governava felicemente insieme alla sua sposa, Shamira, anche lei povera; ogni giorno andava a lavorare nei campi dei suoi sudditi e guadagnava quel poco che gli serviva per vivere felice insieme alla sua sposa. I suoi sudditi avevano tutto quello che serviva loro, e anche di più. Cavalli, soldati, servitori (ma anche i servitori e i soldati erano nobili e ricchi, solo un po’ meno dei loro padroni), cibo in abbondanza; non dovevano lavorare, non avevano niente di importante da fare.
Per questo, non avendo niente da fare, impegnavano il tempo per litigare tra di loro. Ogni scusa era buona, per litigare. “Il mio cavallo è migliore del tuo!” – “Mia moglie ha un vestito più bello di quello di tua moglie!” – “Io ho più soldi di te!”.... E litigavano di brutto, al punto che ogni giorno Omar, che li governava ma non era il Re perché loro erano tutti nobili e lui no, era costretto ad intervenire per farli smettere.
Ma Omar non aveva soldati, perché era povero, i soldati li avevano i suoi sudditi. Lui governava con la forza più potente del mondo; una forza che se usata bene non ha rivali: la ragione. Omar ragionava, chiamava i suoi sudditi presso la sua casa e spiegava loro perché non dovevano litigare. Ragionando stabiliva chi aveva ragione e risolveva sempre i litigi; ma non dava mai tutta la ragione a uno solo perché sapeva che la ragione, quando due litigano, non è mai tutta da una parte mentre spesso può accadere che entrambi i litiganti abbiano torto. I sudditi ricchi non potevano opporsi, perché loro non ragionavano.
Qualche volta provavano a ribellarsi, e a mandare i loro soldati contro Omar, ma lui appena li vedeva parlava loro e, sempre ragionando, li rimandava indietro senza che fosse stata lanciata una freccia. In verità un aiuto lo aveva: su una montagna vicino alla casa di Omar abitava un potentissimo Mago,  Jamar. Jamar era un Mago buono, ogni tanto interveniva per aiutare Omar a risolvere i problemi.
E così fu per tanto tempo, Omar e Shamira vissero insieme poveri e felici. Un solo cruccio, ebbero: non poterono avere figli. Quando Omar si fece troppo vecchio e stanco si recò dal Mago Jamar, chiedendogli consiglio: “Tra poco io non ci sarò più, non ho figli, chi governerà la terra dopo di me?” Era un problema serio. Jamar si recò di persona a parlare con i sudditi di Omar, chiedendo che concedessero un bambino ed una bambina perché potessero essere destinati a divenire governanti della terra al posto di Omar e Shamira.
Non ci fu niente da fare: nessuno dei sudditi fu disposto a dare un figlio o una figlia per governare, perché la condizione era che divenissero poveri. Jamar tornò sconsolato da Omar, preoccupato per il futuro della terra: “Appena non ci sarai più tu, i tuoi sudditi saranno liberi di litigare ed in breve sulla terra non ci sarà più nessuno, si uccideranno tutti tra di loro.”
Per l’ennesima volta Omar usò la sua potente arma, quella che chi è accecato dall’avidità non può avere: la ragione. “Bene, visto che la terra deve essere governata a qualunque costo, e che nessuno lo vuole fare se deve essere povero, allora farai in modo che chi governa diventi ricco.” “Non può essere! Tra chi governa e i suoi sudditi ci deve essere differenza, non possono essere tutti uguali.” “Infatti” disse Omar “Farai in modo che chi governa sia ricco più del più ricco dei sudditi di adesso. E tutti gli altri, li renderai poveri, così la differenza sarà mantenuta, anche se all’inverso. Non ne saranno contenti, ma è per il loro bene.”
E così, dopo qualche tempo, alla morte di Omar e Shamira, che morirono felici insieme dopo una intera vita trascorsa in armonia, Jamar fece un potente incantesimo: di colpo tutte le ricchezze del popolo divennero di proprietà di uno solo e della sua famiglia, e tutto il popolo divenne povero. Il nuovo governante mantenne il titolo che aveva già di Re, solo che era l’unico Re rimasto, visto che gli altri erano diventati poveri. Jamar ebbe un ultimo gesto di pietà verso il genere umano, prima di ritirarsi per sempre sulla sua montagna, nauseato: cancellò dalla mente del popolo il ricordo del passato, pensando così di non farlo soffrire.
Ma le cose non andarono come pensava: il Re rimase quello che era, avido e ottuso, e i sudditi, che si ritrovarono poveri e non vi erano abituati, iniziarono a litigare tra di loro e con il Re, il quale però non aveva l’arma della ragione, né l’aiuto di Jamar.

E lo fanno ancora adesso.  

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