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"passo la vita fuggendo dalla mia ignoranza"
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venerdì 5 febbraio 2010

Vuoi continuare a vivere?

Gli Amici (A) mi dicono spesso che quando parlo dico sempre quello che penso: è vero, e per questo di “amici” (a) ne ho persi alcuni, mi sono beccato due querele per diffamazione, conclusesi entrambi con l’assoluzione, e spesso scateno polemiche di dimensioni tali che (quasi) mi pento di aver parlato. È vero, dicevo, che quando parlo dico sempre quello che penso, ma non è vero che parlo sempre. Una volta in particolare, non ho avuto il coraggio di dire la mia, se non a qualche Amico di quelli con la A maiuscola. Non ho scritto niente perché ho avuto paura di andare controcorrente su un argomento di immensa importanza. Controcorrente rispetto a chiunque, rispetto a tutte le opinioni che si sono manifestate; ho avuto paura di essere additato come cinico, insensibile, cattivo, in un certo senso mi sono autogiudicato e condannato, ma dentro di me non sono riuscito ad abiurare. Sono stato zitto ma fermo sulla mia convinzione. Tanto tempo fa, il 21 dicembre 2006, su un altro blog ho scritto: -“Ho seguito il calvario di Piergiorgio Welby, adesso lo so, con distacco colpevole; me ne sono reso conto poco fa, apprendendo la notizia della sua morte. Improvvisamente mi sono sentito svuotato, mancante di qualcosa che però prima non sapevo di avere. Eutanasia, accanimento terapeutico, tutti sono certi di avere un'opinione, o meglio tutti hanno un'opinione della cui giustezza sono certi; la vita umana è sacra, ma proprio per questo, forse, avremmo il diritto di potercela godere, una volta che ci è stata concessa. Io, su questo argomento, ho un'unica certezza: quella di non avere certezze. Ciao, Uomo.”- La condizione di Welby era particolare; egli stesso chiedeva di morire, di porre fine alle sue sofferenze, scrivendo tramite il computer la sua volontà, che era chiara e certificata. Nonostante ciò non me la sono sentita di avere un’opinione precisa, ho detto la mia ma in pratica non ho preso posizione. Solo chiacchiere. Sul caso di Eluana Englaro, memore della mia indifferenza precedente ho invece riflettuto molto e sono giunto ad una (tremenda) conclusione che ho tenuto per me per tanto tempo: il padre di Eluana ha scelto la strada sbagliata, secondo me; non voglio entrare nel merito dei motivi. Penso che un genitore, per la vita dei figli dovrebbe fare qualsiasi cosa ritenga sia giusta, senza attendere autorizzazioni da chicchessia; se fosse veramente convinto di fare il bene dei propri figli non dovrebbe avere alcuna remora anche a violare una legge, qualora ciò fosse necessario. Non dovrebbe usare la condizione di una figlia per sbandierare ideologie comunque non affermate, con la motivazione di scuotere l’opinione pubblica, sollevare il problema. Se veramente pensasse che la propria figlia volesse la fine della sua esistenza e soprattutto (ma su questo io non sono d’accordo) che ciò fosse il meglio per lei, non dovrebbe aspettare per 17 anni autorizzazioni, dovrebbe agire a qualsiasi costo. Non dovrebbe cercare un paracadute legale per staccare la spina, se veramente pensasse che nel frattempo la propria figlia stia soffrendo. Così, anzi, probabilmente il putiferio che si scatenerebbe successivamente sarebbe più incisivo. Della volontà di Eluana di mettere fine alla sua sofferenza non esiste traccia se non nelle dichiarazioni del padre, che riferisce della volontà (presunta) della figlia risalente ad anni prima, come se, ammesso che Eluana abbia detto veramente ciò che riferisce il padre, non abbia potuto cambiare idea nel frattempo. Ma secondo la comune conoscenza, in quelle condizioni non esiste attività cerebrale, non si ragiona, non si vive, si vegeta. O forse non è più così, o non è mai stato così: - (ANSA)- NEW YORK,4 FEB -Un uomo di 29 anni, vittima di un incidente stradale che in apparenza lo aveva lasciato 5 anni fa in stato vegetativo, parla col pensiero. Il giovane belga ha risposto 'si' e 'no' a semplici domande dei medici comunicando con la forza del pensiero. Lo studio di un team di neuroscienziati belgi e britannici pubblicato online sul New England Journal of Medicine ha messo in luce i limiti degli attuali strumenti diagnostici. – Certo, potrebbe essere una bufala, è già successo che pseudo-ricercatori abbiano spacciato veri e propri bluff per scoperte epocali, ma nel caso fosse vero, visto che allora potrebbe rispondere, la domanda al giovane belga pensate che qualcuno gliela farà?

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