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martedì 1 dicembre 2009

PRESCRIZIONE BREVE



Su Strill.it ho appena letto questa nota in merito al disegno di legge sul cosiddetto "processo breve" che non fa altro che confermare le mie perplessità di "profano" della materia. Il titolato autore della nota (è avvocato del Foro di Reggio Calabria) pur usando un linguaggio tecnico tipico dell'ambiente legale espone chiaramente anche per i meno ferrati della materia l'argomento e le problematiche ad esso connesse:

Per dovere professionale e per altrettanto doverose esigenze politiche ho esaminato il Disegno di Legge meglio conosciuto come “prescrizione breve”; a ciò aggiungo, la curiosità derivante dai ripetuti interventi a difesa del Disegno di Legge da parte del Governo e, per l’inverso, le gravi perplessità sollevate dalle forze politiche di opposizione, dalle associazioni della Magistratura e degli Ordini professionali. Orbene, l’esame del testo, non solo conferma le gravi perplessità emerse in questi giorni sui mass-media, ma addirittura il tenore della novella normativa supera ogni possibile immaginazione. In primo luogo bisogna sottolineare che gran parte del testo è incentrata sul tema del risarcimento danni per i ritardi nella Giustizia. Sembrerebbe insomma che chi ha redatto il testo normativo abbia voluto utilizzare la modifica proposta come un bastone contro il potere giudiziario. Già questa prima sensazione fa venire i brividi soprattutto se chi esamina il testo fin dagli studi universitari ha imparato che uno dei capisaldi principali ed insostituibili è rappresentato da un giusto e sostanziale equilibrio tra i poteri dello Stato. Fossero solo questi i dubbi sollevati a chi esamina il testo, comunque sarebbe già una preoccupazione relativa. I contenuti della normativa proposta sono ancor più preoccupanti. Intanto l’art. 3/bis propone, per il procedimento civile, un “dies ad quem” assolutamente indecifrabile ed irragionevole allorquando assimila come “termine iniziale” il “deposito del ricorso” all’”udienza di comparizione” che, di per sé, rappresentano due momenti processuali diversi ed anzi consecutivi l’uno all’altro. Sbalorditiva poi appare la decisione di considerare iniziato il processo penale “alla data di assunzione della qualità di imputato” (art. 3/bis). Non vi è chi non veda come questa norma sia del tutto slegata dal sistema processuale pur ancor oggi in vigore. Si arriva quindi al cuore della proposta normativa laddove si ipotizza come durata massima di un processo il periodo di due anni. Alias due anni per un solo grado di giudizio a partire non dall’inizio del dibattimento, bensì “dal provvedimento con cui il Pubblico Ministero esercita l’azione penale”. Per chi opera nel mondo del diritto, pensare che un processo possa concludersi, stando così le cose, in due anni appare più che una follia. Certo per tutti i cittadini, ma anche e soprattutto per gli operatori del diritto, è auspicabile riuscire ad abbreviare i tempi del procedimento sia esso civile o penale. Ma ciò può avvenire non certo con la semplice scrittura di una norma ma solo attraverso un impegno forte e concreto di risorse idonee a sopperire i tanti deficit esistenti sia in termini di carenze di organico della Magistratura, ma ancor più del personale della Giustizia e degli strumenti necessari. Attraverso incentivi economici e retributivi al personale esistente, ma soprattutto con la previsione della copertura finanziaria che consenta di bandire concorsi per l’assunzione di nuovo personale. Sotto tale profilo, invece l’azione del Governo è di tutt’altra tendenza: la quota della finanziaria destinata alla giustizia si è ridotta viepiù negli ultimi anni fino a far diventare il capitolo relativo alla giustizia quasi invisibile. Insomma avviene per la Giustizia quello che stà avvenendo nel mondo della scuola. Quotidianamente i rappresentanti del Governo parlano di riforme tese a migliorare il sistema, ma di fatto le ultime finanziarie hanno costantemente ridotto le risorse necessarie; siamo dinanzi ad un fenomeno efficacemente spiegato dal professore Lucio Villari e, più di recente, da Ernesto Galli della Loggia (Corriere della Sera): il linguaggio usato per descrivere un mondo diverso dalla realtà; il linguaggio per disinformare e non per informare. Tornando all’analisi del testo di legge (per fortuna ancora solo proposta) è bene ricordare che ove dovessero decorrere i due anni il processo si prescrive. Cioè, allo stato, tutti i processi si prescriverebbero essendo, come detto impossibile concludere un processo, sia esso civile o penale, in due anni. Addirittura infantile si deve considerare quella che viene preconizzata come la medicina per accelerare i tempi dei processi: una istanza presentata al Giudice procedente. La semplice presentazione dell’istanza costituire causa sufficiente per la trattazione prioritaria del processo interessato (comma 3\sexies). Ma se, come avverrà, tutte le parti presenteranno l’istanza di cui si parla ci si troverà con tutti i processi interessati dalle varie istanze con la ovvia conseguenza di ritornare al punto di partenza. Altra medicina proposta è quella di ridurre la motivazione dei processi civili ad una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione si fonda. Anche questa però non è certo una medicina; anzi, nel mentre non è utile a ridurre i tempi, vanifica un principio costituzionale e che è quello della certezza del diritto che verrebbe annullata, allorchè il cittadino condannato non potrà nemmeno conoscere per quali motivi è stato condannato. Infine, per non tralasciare nulla, il Legislatore (?) ha deciso di “applicare le disposizioni di cui al disegno di legge anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge”. Cioè si introduce un termine prescrizionale assolutamente breve in un sistema che mediamente comporta un tempo doppio di soluzione di un giudizio senza intervenire per nulla a migliorare lo stato di salute del pianeta giustizia. Come dire anzicchè curare il soldato ammalato e denutrito prima di mandarlo al fronte, si decide di aprire la guerra. Tanto più che il Governo dimentica che per i Principi Generali, le Leggi non vengono mai applicate ai processi in corso ma valgono solo per il futuro. Vedi art. 11 - Disposizioni sulla Legge in Generale: “la Legge non dispone che per l’avvenire, essa non ha effetto retroattivo”, in combinato disposto con l’art. 25 c. II^ della Costituzione: “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. In buona sostanza, come la più autorevole dottrina afferma, l’assetto predisposto in considerazione di un certo modus procedendi non può essere sconvolti da norme sopravvenute che rimettono inevitabilmente in discussione l’unità e la coerenza dell’intera attività processuale, cioè l’unità e la coerenza delle attività processuale già svolta con quelle future. Peraltro, è bene evidenziare che mai la parola Giudice e Magistrato vengono scritte con la “G” e la M” maiuscole. Non è solo un bizantinismo ma stà a dimostrare quanto alto (si fa per dire) sia il valore che l’attuale Legislatore attribuisce alla Giustizia. Insomma dopo una attenta analisi del testo proposto è chiaro perché, tutti, salvo i proponenti sono contrari alla riforma. Si tratta di un bieco tentativo – un ennesimo del Governo Berlusconi – di demolire un sistema: oggi tocca a quello della Giustizia.Davanti ad un tale attacco sarebbe ora che l’Avvocatura che, in passato, si è contraddistinta come una categoria professionale capace di dar voce nella società ai sussulti di democrazia ed è stata, attraverso le battaglie giudiziarie e sociali, protagonista della applicazione dei principi costituzionali, abbia un sussulto e si ponga come una argine alto e forte a questi tentativi indiscriminati di ridurre in brandelli un sistema Giustizia che per tanto tempo è stato e - pur con tutti i limiti – lo è ancora, un modello di garanzia per i cittadini e di certezza del diritto. Mi piacerebbe insomma - e come Avvocato ne sarei orgoglioso - se questo invito fosse seguito da tanti e tanti sussulti di adesione e di protesta; che insomma l’Avvocatura, a partire da quella calabrese, faccia sentire la sua voce.
Lorenzo Fascì
Coordinatore Dipartimento Giustizia, diritti e legalità P.dC.I.


Dalle considerazioni sopra riportate appare chiaro anche a chi non vuol vedere che il disegno di legge di cui si parla anzichè snellire le procedure relative ai processi non farebbe altro che renderli inutili, visto che sarebbe praticamente impossibile concluderne uno correttamente. In definitiva con questo testo si garantisce l'impunità al delinquente a danno della comunità ed in particolare della parte lesa che alla fine del processo si troverà a dovere sostenere spese giudiziarie (quelle di parte civile) senza ottenere la minima soddisfazione.

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